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Se la danza scende dalle punte e diventa l'avanguardia di un nuovo teatro documentario

Arkadi Zaides ritratto da Joeri Thiry

 E’ decisamente una tre giorni da non perdere, quella il  Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita Spellbound ha organizzato a Roma, dal 24 al 26 novembre, con il ballerino-coreografo-autore Arkadi Zaides, punto di riferimento internazionale di quella che viene chiamata ‘Documentary Choreography’ (in italiano coreografia documentaria o documentale, a seconda dei traduttori).

 Questa definizione, riporta il sito dell’artista stesso, si riferisce a un tipo di lavoro coreografico che incorpora documenti (interviste, testimonianze, materiali video, informazioni d'archivio e così via) come fonti di informazione relative a fatti d’attualità, con l’obiettivo di mettere in discussione e intervenire nelle realtà sociali e politiche. Integrando questi documenti con pratiche incarnate, la coreografia documentaria mira a trascendere i confini del campo artistico e a impegnarsi sul piano più profondamente politico.

 A Roma Zaides, che tra qualche settimana condurrà anche un seminario a tema per il CSS di Udine, avrà finalmente occasione di presentare uno dopo l’altro tre suoi significativi lavori di questi anni: ‘The Cloud’, ‘Talos’ e ‘Necropolis’ (che nel 2020 ha avuto un primo assaggio a Bologna).

E’ atteso anche a due momenti di confronto con il pubblico e gli addetti ai lavori, che così avranno modo di misurarsi più a fondo con queste sue idee ‘per coltivare approcci multimediali con materiali extra-estetici’ (sottotitolo del suo progetto di ricerca quadriennale ‘Towards Documentary Choreography’, appoggiato da una serie di istituzioni universitarie e teatrali delle Fiandre).

Il poster della tre giorni sulla 'coreografia documentaria' di Zaides

 Si parte il 24 novembre al Teatro Biblioteca Quarticciolo con la prova aperta di ‘The Cloud’, che sarà anche la prima restituzione al pubblico della nuova creazione di Zaides, in residenza a Roma dal 20 novembre. Parte, tra l’altro, di un lungo lavoro che sfocerà alla Biennale di Lione del 2025, ‘The Cloud’ mette sotto la lente d’ingrandimento la catastrofe di Chernobyl seguendo il movimento effettivo della nube radioattiva, le sue ricadute e il pericolo che rappresenta ancora oggi per l'uomo.

Una nube indagata - recita il comunicato - anche come nuvola di dati che conduce la coscienza collettiva verso uno stato di paranoia e panico e immaginata come un ‘iper-oggetto’, ovvero, secondo le parole del filosofo britannico Timothy Morton, un elemento ‘massicciamente distribuito nel tempo e nello spazio rispetto agli esseri umani’ che porta l'umanità a un collasso ecologico totale’. 

 Conviene ricordare che Zaides, piuttosto noto fino agli anni Dieci soprattutto per la sua attività di ballerino e coreografo in Israele, è nato nel 1979 a Gomel’, la seconda città bielorussa, che fu investita direttamente dalla nube tossica levatasi nella vicina Ucraina. Al primo spettacolo farà seguito un incontro con Zaides stesso.

 Il giorno seguente, 25 novembre, presenterà al Teatro Palladium ‘Talos’, uno spettacolo che nasce da un team di coreografi, drammaturghi e videoartisti guidati da Zaides per mettere in discussione l’omonimo inquietante progetto sviluppato negli anni scorsi dall’Unione Europea (e mai realmente testato) con l’obiettivo di creare un sistema avanzato per la protezione dei confini terrestri europei, basato su robot mobili e semi-autonomi. La performance intende rispondere ad alcune domande: che tipo di coreografia può nascere in prossimità dei confini? Quali strategie di restrizione definiscono il movimento?

 La seconda serata prevede anche un interessante talk che vuole mettere a tema appunto proprio la coreografia documentaria, ‘Documentary Choreography. Scenari geopolitici, iperoggetti e ricerca forense nel lavoro di Arkadi Zaides’, dove interverranno, tra gli altri, studiosi militanti come Andrea Costa di Baobab Experience e Lorenzo Pezzani di Liminal, Università di Bologna. 

 Infine, il 26 novembre allo Spazio Rossellini, Zaides allestirà di nuovo a Roma il suo toccante ‘Necropolis’, un lavoro che prevede ogni volta una ricerca territoriale mirata per rintracciare le storie di persone migranti inghiottite dall’anonimato persino dopo la morte, geolocalizzandone le sepolture.

Un lavoro che ci ricorda come in fondo al mare, sulle coste e nell'entroterra, una massa di corpi decomposti racconta la storia di un soggetto collettivo il cui fantasma aleggia sull’Europa di oggi. Per ridare dignità a queste persone, Arkadi Zaides e il suo team si addentrano nella pratica forense in ogni città che il progetto attraversa, costruendo un nuovo deposito virtuale che documenta i resti di coloro la cui morte è ancora oggi per lo più sconosciuta.

 Attualmente residente in Francia a Villeurbanne (Lione), pluripremiato sia sul fronte artistico sia per l’impegno umanitario, Zaides ha presentato le sue performance e installazioni in numerosi festival di danza e teatro, musei e gallerie in Europa, Nord e Sud America e Asia. Affianco a Zaides a Roma ci sarà di nuovo la performer e attivista di origine franco-argentina Emma Gioia, che è anche una ricercatrice storica, oltre che una ballerina cresciuta tra le file della compagnia di Alain Platel. 

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