

Sapessi com'è strano, se spunta un capodoglio a Milano. Le ardite proposte del nuovo Danae festival Numinoso
04.10.2025
L’unica nota terra-terra, per non dire sotto, arriva come postilla della presentazione del nuovo Danae Festival, che sarebbe dedicato invece ai cieli del Numinoso. E’ Alessandra De Santis, del collaudato duo del pregevole Teatro delle Moire, che riprende un attimo la parola, accompagnata da una faccia più pertinente possibile di Attilio Nicoli Cristiani, che si leva un attimo il solito sorriso dall’espressione. Tocca a lei d’accennare alla discesa ai quasi inferi nel punteggio ministeriale, che dai 35 precedenti, su base 50 che sarebbe il massimo, ha fatto tracollare il Danae ad appena 10.
Senza nemmeno una briciola d’inutile vittimismo De Santis ammette che comunque per ora si è salvato alla grande - anche grazie ai fondi pubblici locali milanesi e lombardi -, il festival milanese più vocato all’innovazione e al multidisciplinare a partire dalla danza contemporanea. Ammette anche, con onestà, che purtroppo quest’anno il ministero della Cultura ha falcidiato tutte le rassegne che si vogliono collocare sulla frontiera della ricerca (1), in primis il mitico Festival di Santarcangelo.
Meglio tornare al Numinoso, che in questo caso non è declinato nell’accezione teologica ma come riferimento a un orizzonte superiore e spirituale. Anche quest’anno Danae sulla carta si presenta come una gran bella occasione di confrontarsi con nuovi talenti, che vogliono parlare linguaggi diversi, al limite dell’azzardo.
In conferenza stampa, per esempio, ha preso la parola per ultimo Attila Faravelli, un simpatico musicista vestito da alpinista che si autodefinisce ‘fotografo con i microfoni’: presenterà il 5 novembre al Civico Planetario di Milano un lavoro dal titolo ‘Spaceful’, realizzato nei due tunnel lunghi tre chilometri costruiti nelle campagne vicino a Pisa, per il cosiddetto esperimento Virgo, un ‘interferometro’, ovvero, par di capire, una grande macchina a laser in grado di captare le onde gravitazionali, cioè persino i flebili segnali emanati da violenti eventi cosmici avvenuti a milioni e miliardi di anni luce dalla terra.
Sempre a tema suoni e visioni, si nota anche, il 2 novembre alla Fabbrica del Vapore, il lavoro ‘VENI, a goodbye’ del collettivo Alot, con 13 cantanti e ricerc-attori (12 dei quali under 35) che hanno condotto un’indagine sul campo nelle isole del Mediterraneo, per ritrovare i canti polifonici di tradizione orale. Sono guidati da Nicola Fadda che li dirigerà in un’esibizione nella totale e inconsueta immobilità, di cui è dichiarata la discendenza indiretta da ‘U.’ di Alessandro Sciarroni.
Ma poi si danza, eccome, e ovviamente dall’inizio alla fine del festival, da venerdì 24 ottobre al Teatro Fontana con ‘Cani Lunari’, nuova creazione di Francesco Marilungo, considerato uno tra i coreografi più interessanti della nuova scena italiana (premiato per il precedente ‘Stuporosa’). Il nuovo spettacolo, dove nel cast di ‘streghe ballerine’ figurano, tra le altre, anche Alice Raffaelli e Vera Di Lecce, vuole essere ‘una riflessione sulla magia intesa come ‘curvatura politica’, come un sapere alternativo alla logica della scienza positiva, senza considerare quest’ultima come l’unica forma di conoscenza possibile’.
Tante e tutte interessanti le nuove proposte italiane, dal ‘Pinocch.Io’ di Lucia Guarino a ‘you,elsewhere’ di Francesca Siracusa, dal lavoro contro il ‘greenwashing’ di Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi con musica di Teho Teardo alla sofisticata performance sul corpo e lo sguardo di Elena Sbaragli, dove torna in scena ancora Alice Raffaelli (questo stesso ‘E se domani’ è annunciato anche a Rovereto per il festival diretto da Antonella Bertoni della premiata ditta con Abbondanza, rassegna che quest’anno s’intitola ‘Animo!’, di cui converrà riparlare).
Poi, inevitabilmente l’appassionato viene attirato anche dal poker di nuove proposte internazionali che cala Danae 2025: la quasi folle lezione di danze d’ogni genere del coreografo tedesco Moritz Ostruschnjak, la lamentazione funebre della giovane svizzera Clare Delorme, il lavoro sull’amore e la vecchiaia del collettivo italo-belga Wooshing Machine, l’elegia danzata del francese Emmanuel Eggermont dedicata al coreografo e scrittore tedesco Raimund Hoghe, che è stato il drammaturgo di Pina Bausch.
Chiude alla grande, in Zona K domenica 9 novembre, Diana Anselmo, giovane artista e performer Sordo bilingue LIS/Italiano di cui abbiamo parlato nella precedente presentazione, con ‘Pas Moi’, definita ‘nuova lecture-performance’.
Segnatevi i nomi, ha garantito Attilio Nicoli Cristiani: tra 4-5 anni sono sicuro che i protagonisti di questo Danae saranno artisti di peso considerati anche nei circuiti più istituzionali. Complimenti, una bella sfida che Danae in passato ha già dimostrato di saper vincere.
E ancora poco, in termini temporali, rispetto all’orizzonte decennale del progetto di formazione ExtraDanae di cui è stato annunciato il via, affidato all’eclettico Marco D’Agostin, che dovrà inserire nella sua fortunata agenda di performer ormai di successo europeo questo laboratorio annuale di 48 ore.
Sul piano organizzativo questo Numinoso è un piccolo miracolo. Sembra già molto complesso anche soltanto muoversi tra la miriade di sigle che si compongono giocoforza nei tamburini dei giovani protagonisti, a suon di dieci righe minimo nei crediti di produzione, tacendo del contributo delle mamme. Figurarsi poi mettere insieme un programma diffuso in ben 11 spazi della città, di varia natura e cultura, tra cui - nuove collaborazioni per Danae - il Teatro degli Angeli in zona Porta Romana, il Teatro Fontana, la Stecca3 e il Frida Bar in zona Isola. Oltre al ritorno dopo alcuni anni nel Civico Planetario Ulrico Hoepli, ci saranno anche i soliti interlocutori di questo festival, il Teatro Out Off, ZONA K, Fabbrica del Vapore e, infine, gli spazi urbani della zona Monumentale/Garibaldi.
E se il 10 come punteggio della commissione ministeriale è quasi un pessimo voto, speriamo che arrivi a tanto, o comunque molto oltre la sufficienza, l’entusiasmo degli autentici appassionati milanesi di danza e di teatro. Il programma completo è online, ci si può abbonare all’intero festival a un costo di poco più di 8 euro al giorno, acquistare le 'combo' di 2 spettacoli a 20 euro, scegliersi volta per volta che cosa vedere, sulla piattaforma DICE di tickets o chiamando direttamente le Moire (338 8139995).
Basterebbero quel Numinoso nel titolo, secco e ambizioso, che allude a un concetto così alto, e pure le parole tanto semplici e chiare, per niente auliche o pretenziose, con le quali è stato accompagnato alla presentazione. E, infine, come non restare incantati da quel capodoglio con la sua ombra in movimento nel fondale marino, che campeggia nel manifesto di Danae 2025, con tutto il carico simbolico e letterario che si porta dietro?
Giusto per chiudere con l’inevitabile parentesi ‘whale-cult’, Hermann Melville per ‘Moby Dick’, nel 1851, ha scelto e riproposto più di un’ottantina di citazioni a tema, da ‘E Dio creò grandi balene’ della Genesi al ‘gigante di forza’ di una canzone dei marinai dell’Ottocento: e questo soltanto nelle pagine di ‘Etimologia ed Estratti’ che precedono il celeberrimo incipit ‘Call me Ishmael’ e il grande romanzo che poi si chiude con una citazione da Giona…
NOTA (1). POLITICA E TEATRO, L’HARAKIRI DEMOCRATICO
Come del resto questo modesto sito ha provato a spiegare subito, nel lontano autunno del 2022, bastava leggere il programma elettorale di Fratelli d’Italia, l’unico del centrodestra che dettagliava qualcosa in tema di spettacoli dal vivo, per trovare conferma che il modello unico prescelto fosse quello del teatro ‘d’intrattenimento’ ad alto contributo turistico, che l’Arena di Verona del potentissimo sottosegretario GianMarco Mazzi rappresenta ormai proverbialmente.
Volendo entrare davvero così nel dettaglio, sarebbe facile prendersela con l’attuale gestione ‘Giuliva’ meloniana e con le commissioni di oggi, ma onestamente il centrosinistra si è accomodato ancora fino alle ultime nomine al tavolo della spartizione con il ministero, accettando persino la dispendiosa e burocratica ‘gestione duale’ imposta nelle istituzioni teatrali pubbliche da Roma all’Emilia Romagna, per non dire di Milano, dove sono stati lasciati passare i nomi più indigeribili nei consigli d’amministrazione.
E poi la radice del problema è nel sistema stesso dei finanziamenti previa valutazione, lo ripeteva già dagli anni Cinquanta il grandissimo Eduardo De Filippo, e casomai è stata accentuata dalle riforme introdotte dai ministri di spicco del Pd. Per giunta, la traccia più netta per la deviazione del teatro verso una sorta d’Infinite Jest è stata arata a tutto spiano dagli eredi degli ‘intellettuali organici’ e dei grandi che furono, ma questo è un altro discorso ed attiene anche alle responsabilità individuali.