Un fine settimana nella cava dei pescatori, e poi la rivolta dei sordi: dopo C e B, riprende a Milano anche la Zona KBL
09.10.2024
Guarda chi si carica sul Grompone il ritorno alle scene di Jan Fabre, con un bel rave dionisiaco (e tre performer italiani)
‘In cima all’Olimpo’ è la traduzione italiana del sottotitolo di ‘Peak Mytikas’, la nuova performance di 8 ore con cui dovrebbe poter rilucere di nuovo la stella di Jan Fabre, dopo un lungo oscuramento seguito alla clamorosa indagine per i casi di violenza e abusi denunciati nel 2018, durante la prima ventata del Me-too, da una ventina di suoi ballerini della compagnia Troubleyn, e alla prima condanna del tribunale di Anversa, con sentenza del 29 aprile 2022, a diciotto mesi con la condizionale per molestie sessuali e ’attentat à la pudeur’ (definizione che in Francia e in Belgio identifica anche il reato di violenza sessuale solo verbale e gestuale, per così dire ‘leggera’, non consumata fisicamente).
Quanto d’Italia segni questo evento, dopo un periodo in cui peraltro Fabre come artista è stato di casa perlopiù a Napoli, lo si legge anche solo scorrendo i titoli in locandina della prima mondiale, ovviamente già sold-out, di ‘Peak Mytikas’, annunciata per sabato 6 maggio, dalle 14, al Laboratium di Anversa, nell’ex manifattura di Pastorijstraat dove ha sede Troubleyn e dove ‘Peak Mytikas’ è in calendario per altri tre sabati (i biglietti su ticketmatic costano 50 euro).
Il nome italiano sicuramente più importante per questo rientro di Fabre è il produttore Aldo Miguel Grompone, da anni legato all’artista belga: agente, curatore e tour manager infaticabile, di profilo spiccatamente internazionale, Grompone è una vera e propria potenza nel campo artistico e teatrale. E’ uno che viene dalla gavetta, dal mestiere del teatro, e si fa vanto addirittura in curriculum d’aver cominciato, prima di fare l’organizzatore, lo scenografo e l’assistente alla regia, come facchino al Teatro Due di Parma, a 18 anni, con un vezzo che ha un vago che di shakespeariano (il grande Billy si avvicinò al teatro facendo da ragazzino il parcheggiatore di carrozze e di cavalli degli spettatori, o almeno così vuole da sempre la sua leggenda).
Forte di un catalogo di nomi eccellenti e pure, guarda caso, in genere di personaggi considerati provocatori, a volte estremi, piuttosto controversi e di carattere quantomeno difficile, Grompone ha gestito in giro per il mondo vari artisti venerati come guru, in primis quelli del cosiddetto teatro post-drammatico, da Romeo Castellucci appunto a Fabre, ma anche Nekrosius, Pippo Delbono e la ‘scandalosa’ Angela Liddell. Per non dire del sodalizio quasi ventennale con Emma Dante, o che della recente collaborazione che ha segnato il ritorno alle scene di Alessandro Baricco.
Tanti personaggi di spicco sono pane quotidiano per Grompone e il suo piccolo team (sul sito ufficiale viene presentata solo la ‘project leader’ Sandra Ghetti), del resto si racconta che il gran burattinaio delle scene cult, a volte, uscendo la notte dal palazzo anonimo e borghese di Lungotevere degli artigiani in cui ha base a Roma il suo studio, ‘veda’ brillare quei nomi uno dopo l’altro sui vistosi costoloni bianchi di cemento armato della singolare architettura del Complesso Polifunzionale lì accanto…
Non è finita certo con Grompone, la quota d’italianità di ‘Peak Mytikas’, che appare una sorta di seguito del celebre ‘Mount Olympus’, la 24 ore non stop di Fabre. A guidare le danze nel rito neo-dionisiaco di 11 perfomers, sarà Pietro Quadrino, attore e ballerino di punta in Troubleyn, uno dei primi, con Cédric Charron, ad avere l’avvallo e la guida dell’artista-regista-guru per un proprio spettacolo, costruito su misura (’L’uomo rivoltato’ che Quadrino presentò, nudo come un verme in scena, a Milano e in altre città italiane nel 2016).
Altro nome italianissimo in ballo per il ritorno di Fabre, è quello di Irene Urciuoli, classe 1992, studi teatrali a Milano, Accademia dei Filodrammatici, stella di Troubleyn degli ultimi anni post-temperie giudiziaria, reduce da una tournée con lo spettacolo cucitole su misura da Fabre, ’Simona, the gangster of art’.
Infine, sul naso dell’Olimpo ci sarà anche Matteo Franco, performer italiano di formazione londinese, attore e autore, che in epoca pre-Covid è stato tra l’altro protagonista di uno spettacolo molto apprezzato dai critici inglesi, sui confini della mascolinità, ‘Alpha who?’
E, a proposito di maschi alfa e dintorni, si noti che la scheda pubblicata da Troubleyn di ‘Peak Mytikas’ segnala che questo racconto sulla vita degli dei muove dall’arrivo ‘come ospite dell’adorabile semidio gender-fluid Dioniso’ per dare vita a una sorta di rave party. ‘Celebrano tutte le cose umane: l'amore, la pace, l'unità e il rispetto, in breve P.L.U.R.’, si perita di precisare subito il programma ufficiale, spendendo tanto di acronimo di ‘Peace, Love, Unity, Respect’ che negli anni Novanta fu introdotto appunto come sintesi della filosofia originale della cultura rave.
Ovviamente, trattandosi di Fabre, ci sarà dichiaratamente anche tutto il contrario: ‘l’odio, la lotta, la disarmonia e il disprezzo. In questo spettacolo tutto è possibile: la realizzazione di sogni incantevoli e di lutti feroci, di amore allegro e di dolore orribile. Lo spettacolo è una catarsi, una purificazione: affrontare il peggio ed essere purificati’.
Da segnalare, infine, che Peak Mytikas’ ruota sui testi scritti da Johan De Boose, che è stato autore dello spettacolo forse più divertente e ironico di Fabre, la piece ‘Belgian rules/Belgium Rules’, garbata presa in giro della provvisoria e contorta identità nazionale di un territorio dove l’individualismo sarebbe la chiave di tutto, persino dell’articolatissima offerta di birre.
La domanda ‘woke’ di chiusura è: basteranno quel PLUR, De Boose e il tempo che è passato, a scansare le inevitabili polemiche? Il caso Fabre, tre-quattro anni fa, dopo che era stato in qualche modo lanciato da una prestigiosa rivista culturale e critica belga, RektoVerso, ha fatto molto rumore anche in Italia, con un appello nato intorno al blog Il Campo innocente, che ha visto riunirsi, prima ancora che nel movimento Amleta e altre analoghe iniziative, le persone addette ai lavori che hanno voluto sollevare ‘la questione della violenza, del sessismo e della precarietà nel mondo artistico’.