Il dramma del drammaturgo che sale in taxi per andare a teatro fuori orario e deve rispondere alla domanda: ma che lavoro fa?
10.12.2024
I cinesi che non muoiono mai e altre sane Immersioni nel mare di Milano
Il Festival Immersioni segna, per il secondo anno, una sorta d’uscita verso la città di Milano del Piccolo Teatro e ha il suo clou nella proposta di quattro spettacoli e un’installazione originali, frutto del lavoro di giovani autori che si sono immersi per due mesi in una realtà locale specifica per ricavarne appunto una narrazione teatrale.
La cura del progetto è affidata a mare culturale urbano (si scrive così, tutto in minuscolo), con la supervisione artistica dell’animatore di questa pregiata realtà sociale milanese Andrea Capaldi. Com’era prevedibile quest’anno, alla selezione del concorso, sono stati presentati ancor più progetti, una cinquantina, e il risultato sulla carta sembra davvero interessante.
Lo spettacolo d’apertura (giovedì 7 al Teatro Studio Melato) s’intitola ‘Persona unica’ e racconta del cortile di una casa popolare di Quarto Oggiaro e di come alcuni ragazzini che abitano una realtà periferica complessa del genere, hanno avuto l’occasione di vivere questa stessa esperienza di teatro partecipato, gestita in loco da Carolina Balucani e Arianna Lodeserto.
A seguire ‘Chinese never die’ sulla Chinatown di Paolo Sarpi e la più inquietante leggenda metropolitana che aleggia intorno a questa città nella città: per scriverlo si sono messi insieme X.Lee, un cinese con nonna milanese ‘never died’ di Chinatown, di ritorno da New York, e Andrea Pelliccia, un giovane d’origine napoletana, con nonna tradizionalmente superstiziosissima.
Venerdì è la volta di ’Stiamo lavorando per voi: ci scusiamo per il disagio’, dedicato alla zona di Lambrate da Claudio Larena e Margherita Kay Budillon e frutto di una trovata spettacolare, un ‘falso’ vero cantiere allestito come contenitore teatrale in una zona che da anni è al centro di lavori di rifacimento e gentrificazione.
Ad ascoltare la presentazione è un progetto del genere che sarebbe piaciuto tantissimo a Mattias Anderson, il maestro svedese di un nuovo teatro realista profondamente socio-antropologico, di cui si è visto un grande spettacolo alla Biennale di Venezia.
Chiude la rassegna teatrale ‘Tutte le immagini scompariranno’ del collettivo FanniBanni’s, una sorta d’indagine da videomaker sugli anziani di Affori, vivificata in scena dai movimenti di una danzatrice davanti agli schermi di proiezione.
Infine, da mercoledì a domenica, in vari orari, sarà possibile vedere l’installazione Oso dedicata a una certa popolazione tradizionale di Nolo, oggi un po’ marginalizzata dopo l’avvento di nuovi gruppi sociali di giovani borghesi come abitanti del rivitalizzato quartiere, non a caso ribattezzato con un logo alla newyorchese.
Questo progetto, curato da Dogyorke (Yuri S.D’Ostuni) e Sara Leghissa, e allestito in collaborazione con il Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer, sulla carta sembra sostanziare maggiormente quella sorta di controcanto alla nuova Milano da Bere di Sala and company che sta maturando in vari ambiti della società civile e che ha già il suo libretto rosso nel pamphlet di Lucia Tozzi ‘L’Invenzione di Milano’, che pure è tutt’altro che tenero anche nei confronti dell’esperienza stessa di mare culturale urbano, per non dire della durezza critica nei confronti di altre nuove realtà cult nate in questi anni nella città.
Sabato e domenica nel tardo pomeriggio, sempre al Teatro Studio Melato, Immersioni presenta la doppia maratona degli spettacoli di quest’anno e dei quattro dell’Indagine Milano 2022, che sono stati dedicati alle zone di Niguarda, del Giambellino, di Calvairate e di Baggio.
Il palinsesto del festival, poi, aggrega intorno al meritorio progetto principale varie altre proposte più o meno coerenti, alcune evidentemente di marca Piccolo (come la lettura delle opere del concorso Italian Stories, una sorta di nuova raccolta di cartoline sulle regioni d’Italia, sponsorizzata dal ministero degli Esteri), altre tollerate grazie alla mediazione di Capaldi
Si fa notare la presenza delle militanti di Amleta - ipercritiche, giustamente, nei confronti della gestione poco aperta alle donne dei teatri istituzionali - con un ConTest sulla parità di genere che si terrà poco prima della grande festa finale sul sagrato del Piccolo Strehler sabato sera.
Tra i dettagli poco consoni va notata la consueta passerella con toccata e fuga del pur giovane assessore alla Cultura, scuola pr Boeri, con il bla-bla sui record di turisti e l’importanza di progetti come questo, ‘community based’, a cui lavorano varie realtà del ’soft power’ culturale di cui è ricchissima Milano, che aiutano a inquadrare ‘la tensione metamorfica continua’ della metropoli, sic.
Va detto comunque che il festival Immersioni segna perlomeno la consapevolezza del nuovo direttore del Piccolo Claudio Longhi della necessità di riaprire in qualche modo alla città un’istituzione culturale che rischia di restare troppo chiusa in se stessa, e schiacciata su un vecchio pubblico borghese fidelizzato grazie a una sorta di corto circuito di marketing.
Certo non basta questo pugno di giornate a riattivare il legame profondo con la società che è stato all’origine del glorioso Teatro che fu di Paolo Grassi e di Strehler, ma sicuramente fa bene al Piccolo cominciare a scrollarsi di dosso un po’ di polvere. Sarebbe salutare se non restassero episodiche le collaborazioni con questi nuovi talenti della scena, e forse un po’ meno carnevali, case d’argilla e sotterranei, lascerebbero spazio a qualche intrigante Cantiere da Immersioni in più.
La scelta di sperimentare con mare culturale urbano un teatro-laboratorio che nasce all’interno dei vari quartieri, è già di per sé un gesto pregevole.
Per intenderci è all’opposto della linea pop che porta, per esempio, lo Stabile di Genova, nelle mani del regista principe dell’era Franceschini Davide Livermore, a produrre come spettacolo di punta della stagione un Fantozzi teatrale ispirato al personaggio principe del cinema di serie B degli anni Ottanta, oppure, ancora, il Festival Donizetti e l’anno della cultura di Bergamo-Brescia a chiudere con l’evento Raffa in the sky e un mese di iniziative dedicate all’icona televisiva della Carrà.
Quando a destra si parla di sminare l’egemonia culturale della sinistra, promuovendo convegni su Tolkien per contrappunto, forse non si tiene conto degli esiti di contenuto del predominio lottizzatorio dei maggiorenti storici del Pd sulla cultura, ma questo è un altro discorso e riguarda l’unica vera egemonia culturale vincente che ha plasmato l’Italia nel ventennio di fine Novecento, quella della televisione berlusconiana.