Più FOMO che FOG, poco Angelini e tanto diavolaccio: ecco un altro gran Festival da non perdere a Milano
28.11.2025
Senza timore d’apparire di parte, la verità è che con le presentazioni di FOG Triennale Milano Performing Arts non c’è proprio gara.
Partendo dalla fine, ovvero dal dopo, sarebbe di una disarmante monotonia riferire i commenti di quelli che escono un po’ meno alla milanese, fermandosi a scambiare un saluto e due parole, siano giornalisti, addetti ai lavori o gli stessi operatori del Teatro dell’Arte. Si riconosceva in mezzo al pubblico, per esempio, il direttore di sala, per una volta senza cuffia auricolare ma sempre attentissimo a tutto.
Ecco una piccola antologia di reazioni: ‘bisognerebbe piazzare di nuovo la tenda qui davanti per quasi due mesi’, esclama l’osservatrice brillante. ‘Lo dico sempre ai miei amici, quelli normali eh, non i colleghi: se non andate a vedere gli spettacoli di FOG rimanete fuori dal mondo!’, chiosa un altro estasiato. ‘Qui siamo proprio a un altro livello’, mormora mezzo sconsolata una della concorrenza.
Inutile nemmeno tentare di lanciare qualche provocazione, non abbocca nessuno. ‘Guarda caso non ci sono stati grandi riferimenti a Marcos Morau, che pure è l’artista associato di gran nome: forse hanno trovato anche loro troppo cupo il nuovo spettacolo…’ prova a buttare lì il solito specialista di spigolature. ‘Ah, sì, probabile’ è il massimo della risposta che si può ottenere.
Ma si capisce già dalla pole position di partenza che non ci possa essere quasi gara con FOG, a meno che si parli del circo della formula uno del teatro e dei festival europei.
Sul grande schermo è proiettata l’immagine copertina del 2026, che vira un po’ sul verde e mostra in una foto di scena la madre del regista messicano Anacarsis Ramos, presentando appunto lo spettacolo in cartellone ‘Mi Madre y el Dinero’. Ramos, con la sua compagnia Pornotràfico, costituisce sicuramente una delle presenze più singolari di questa nona edizione di FOG (giusto al primo LIFE l'estate scorsa s’era visto a Milano un bel pezzo di teatro dal Messico).
Per quanto riguarda la gara vera e propria, va notato come in Triennale i motori non rombino mai davvero nemmeno in partenza, si vede che l’euro-dietrofront dal Green New Deal non è arrivato in viale Alemagna: l’elettrico mormorio quasi silenzioso accompagna anche lo sprint.
S’intende che, al netto dei rappresentanti politici di Comune e Regione che si limitano a un francobollo di complimenti, persino il Presidente della Triennale, l’archi-star e primo cittadino ombra di Milano Stefano Boeri, quando introduce i programmi del ‘suo’ teatro, non sgarra di un aggettivo, non alza i toni retorici e gira proprio alla larga, come se fosse giusto un discreto ‘team principal’.
Poi finalmente prende la parola il direttore Umberto Angelini, uno che non ha conflitti d'interesse né posizioni accademiche da difendere. Così non ha nemmeno bisogno di passare in rassegna le migliori citazioni d’occasione o di sfoggiare paroloni cult.
Tutt’al più lascia cadere qualche riferimento internazionale che parla da solo: il progetto inaugurale ‘Credere alle Maschere’ affidato a Romeo Castellucci e ospitato nella Galleria del palazzo, è firmato con la Societas del cesenate da Triennale Teatro Milano insieme con due festival tra i più prestigiosi e innovativi, il Grec di Barcellona e il Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles.
E a ruota di Castellucci, in apertura, ci sarà il nuovo ‘Mami’ di Mario Banushi, ovvero torna il personaggio del momento che tutti i festival d’Europa oggi vogliono ospitare.
(NdR: davvero chic - per dire una banalità del genere che Angelini non direbbe mai - la combine di Castellucci con Banushi, ovvero il confronto a distanza ravvicinata tra il guru del post-drammatico a trazione tedesca, ormai in direzione ostinata verso l’upgrade artistico impalpabile, e il giovane albanese già osannato per il suo teatro evocativo balcanico, rigorosamente senza parole, che volendo è tanto tanto post-post-drammatico, come la stessa new wave greca di cui fa parte).
Tornando alle piccole innocenti ‘sgassate’ del neo-Chevalier des Arts, Monsieur Le Directeur de FOG, ecco servita la seconda performance di grande richiamo che animerà gli spazi non teatrali di Triennale, ‘900 Satellites’ di Nemo Flouret, come il prosieguo di un lavoro fatto per il Louvre (pre furto) di Parigi; ecco il libanese Ali Chahrour, punta di diamante di un’edizione peraltro molto orientato verso il Medioriente e anche i Sud del mondo, che è stata la novità dell’ultimo Festival d’Avignone…
Non ricorre ai concetti alti e sofisticati Angelini, nemmeno quando presenta la performance destrutturata e provocatoria di 180 minuti della polacca Ewa Dziarnowska, anzi sorride rivelando di aver resistito volentieri per tutto il tempo, come spettatore in anteprima.
Si cura di mettere un attimo le mani avanti giusto quando accenna allo spettacolo forse più disturbante, della serba Tara Manić, dal testo-scandalo sullo ‘zio pedofilo e misogino’ di Paula Vogel ‘How I Learned to Drive’, che vuole ‘porre in discussione il nostro punto di vista sugli abusi del desiderio’.
(NdR: è un autentico colpaccio - per usare un’espressione banale di quelle che in Triennale nemmeno i/le giovani hostess con la T Shirt nera ‘Ask me’ potrebbero usare - questa prima italiana a Milano della protagonista di punta della scena indie serba, classe 1994, pluripremiata, militante e creatrice di un teatro minimalista partecipato che potrebbe essere considerato anche l’opposto speculare dello stile che ha fatto di Banushi una rivelazione: notevole qui il lampo quasi demoniaco di uno che pure porta Angelini nel cognome, e gioca volentieri allo spiazzamento).
Ancora della presentazione si notano: la sottolineatura della chicca di chiusura teatrale con i libanesi di Zouzak Collective, che raccontano tre solitudini d’immigrate africane che fanno le colf nella capitale del Vicino Oriente; un piccolo accenno ancora d'orgoglio per la presenza del francese Benjamin Kahn nel ricco cartellone anche della danza contemporanea; una breve parentesi per giustificare la deviazione-incursione a Oslo, con ‘Homage Au Pair’ della compagnia De Utvalgte, storia di una ragazza alla pari asiatica alla prese con il razzismo e il classismo ‘puliti’ ma implacabili (vedi i film di Ostlund) della borghesia del Nord Europa…
Quello che poi farebbe sventolare la bandiera a scacchi bianchi e neri entro un tempo record, a un ipotetico appassionato che si cala nei panni del direttore di gara tra festival, è l’unico accenno d’indirizzo e di poetica teatrale, semplice semplice, ma lodevolissimo: ‘abbiamo cercato spettacoli particolari anche per orientamento al rapporto forte con il pubblico’, conclude così la sua breve prolusione Angelini: ‘non vogliamo fare ‘entertainment’ puro e semplice - detto senza che, per carità!, possa suonare come una critica o un'offesa a chi legittimamente lo fa - ma crediamo di rivolgerci a un pubblico che sia disposto a mettersi in gioco con un ruolo attivo’.
Una rapida occhiata al programma ufficiale che segue, e non resta che dire: più FOMO che FOG, e beato lo spettatore che riuscirà ad ‘attivarsi’ con tutto questo ben di dio!
DAL COMUNICATO STAMPA DI FOG 2026
'...Come pelle d'oca sulla carne della terra'
Omar El Akkad (da 'Un giorno tutti diranno di essere stati contro', Feltrinelli 2025)
La nona edizione di FOG prende il via venerdì 27 febbraio con una straordinaria doppia apertura, che vede affiancati uno degli artisti più importanti del teatro contemporaneo e il nuovo astro nascente della scena europea e internazionale: gli spazi della Galleria, al piano terra di Triennale, accolgono infatti Credere alle Maschere, inedita opera site-specific realizzata ad hoc da Romeo Castellucci, Leone d’Oro a Venezia e già Grand Invité di Triennale (prima assoluta, 27 febbraio-1 marzo), mentre nella sala del teatro va in scena in prima italiana il nuovo lavoro, coproduzione internazionale di FOG, di Mario Banushi, MAMI, che ha consacrato definitivamente il talento del giovanissimo regista greco-albanese con il clamoroso successo allo scorso Festival di Avignone (27-28 febbraio). A impreziosire la serata di apertura, Voce – il nuovo spazio di Triennale dedicato al suono e alla sua sperimentazione – ospita l’opening live set curato da Radio Raheem, web radio indipendente punto di riferimento a livello europeo e partner storico di FOG, che presenta per l’occasione due artisti resident del suo palinsesto, Dj Esselunga e Luwei.
Martedì 3 e mercoledì 4 marzo arriva a Triennale Milano Teatro in doppia replica Analphabet di Alberto Cortés, regista andaluso rivelazione del Festival Grec di Barcellona nel 2024, oggi tra i protagonisti più originali della nuova scena europea: uno spettacolo magnetico, ispirato al libro La decadencia del analfabetismo di José Bergamín, che esplora il tema della violenza intra-genere in una performance toccante e sorprendente.
Mercoledì 4 e giovedì 5 marzo nella Galleria di Triennale va in scena Brinjë me Brinjë, lavoro dell’artista arbëreshë (minoranza etnico-linguistica della Calabria originaria dell'Albania e della Grecia) Genny Petrotta, vincitrice del progetto FONDO: articolato in forma di performance live e installazione video, il lavoro attraversa la storia stratificata delle Burrnesha, donne che in alcune comunità balcaniche assumono per consuetudine un’identità maschile.
Nella giornata di giovedì 5 marzo, con quattro repliche giornaliere, presso il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, Op.22 No.2 di Alessandro Sciarroni, l’assolo creato dal coreografo, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia e artista associato di Triennale Milano Teatro 2022-2024, per la danzatrice Marta Ciappina e ispirato al poema sinfonico del compositore finlandese Jean Sibelius Il cigno di Tuonela, viene presentato in una versione ad hoc per gli spazi architettonici del PAC.
Domenica 8 marzo il festival ritorna nella sala di Triennale Milano Teatro per la prima italiana di A Forbidden Distance, opera audiovisiva nata dall’inedita collaborazione tra il duo musicale iraniano-canadese Saint Abdullah, il producer e dj irlandese Eomac, la filmmaker italo-australiana Rebecca Salvadori e il visual artist londinese Charlie Hope, che fonde in modo originale musica elettronica e arte visiva per esplorare il rapporto tra identità e migrazione.
Mercoledì 11 marzo un’altra prima italiana a Triennale Milano Teatro con il nuovo spettacolo di Ali Chahrour, danzatore e coreografo libanese presenza costante nei principali festival internazionali, che in When I Saw the Sea intreccia danza, poesia e memoria collettiva per raccontare la storia di tre lavoratrici migranti, sospese tra la loro terra in fiamme e il Mar Mediterraneo, attraversando amore, morte, paura e resistenza per trasformare il dolore in un canto di libertà.
Double bill sabato 14 marzo con l’attesissimo The Blue Hour del danzatore e coreografo francese Benjamin Kahn – parte di una trilogia di assoli dedicata ad altrettanti performer, che dopo Cherish Menzo e Sati Veyrunes sceglie di mettere al centro il giovane danzatore Théo Aucremanne per tracciarne un originale ritratto in movimento (Triennale Milano Teatro, in replica domenica 15 marzo) – e L’avvenire, ultimo lavoro firmato dalla coreografa e autrice Silvia Rampelli, fondatrice del progetto di ricerca indipendente Habillé d'eau e a lungo collaboratrice di Romeo Castellucci, dedicato alla questione dell’apparire e dell’apparenza (replica unica, Galleria di Triennale).
Domenica 15 marzo, la Galleria di Triennale ospita invece la prima giornata di repliche di Handle With Care di Ontroerend Goed, compagnia belga tra le più originali del panorama internazionale, che ritorna a FOG con un’originale esperienza partecipativa che affida al pubblico “a scatola chiusa” il pieno controllo dello spettacolo. Il progetto sarà riproposto la settimana successiva, domenica 22 marzo.
Martedì 17 e mercoledì 18 marzo ancora una prima italiana in Triennale Milano per De Utvalgte, pluripremiata compagnia norvegese fondata trentadue anni fa nella capitale Oslo, che con Homage Au Pair affronta con la consueta ironia le contraddizioni della “nuova ricchezza”, mettendo al centro del racconto tre coppie e la loro ragazza “alla pari” asiatica, tra improvvisazioni jazz, rumori di cucina e tensioni silenziose.
Altra protagonista di punta della scena performativa europea, la compagnia spagnola Agrupación Señor Serrano torna mercoledì 18 marzo a Triennale Milano Teatro per presentare il suo ultimo spettacolo Historia del amor (History of love), che tra video, nuove tecnologie e teatro fisico indaga le origini e le forme dell’amore, alternando sapientemente come d’abitudine la prospettiva storica più ampia a quella particolarissima legata al singolo vissuto personale.
Ancora un doppio debutto sabato 21 marzo a FOG con il nuovo lavoro firmato da Marcos Morau, artista associato 2025-2027 di Triennale Milano Teatro, insieme alla sua compagnia La Veronal: basato sul romanzo omonimo dell’autrice Mercè Rodoreda, fiaba crudele ed enigmatica ambientata in un paese fantastico, in La Mort i la Primavera l’acclamata compagnia catalana costruisce un’opera radicalmente attuale, dando vita a un’allegoria della libertà creativa e della capacità dell’arte di affrontare l’angoscia del ciclo creazione-distruzione (Triennale Milano Teatro, in replica domenica 22 marzo).
Ad anticipare lo spettacolo, sabato 21 marzo nella Galleria di Triennale, va in scena il lavoro vincitore del Premio DNAppuntiCoreografici 2024, FUCK ME BLIND di Matteo Sedda, avvincente duo coreografico ispirato all’ultimo film autobiografico di Derek Jarman, girato nel 1993 poco prima della morte del regista per AIDS.
La danza resta al centro del cartellone di FOG nella fine del mese di marzo con altri due appuntamenti da non perdere: martedì 24 e mercoledì 25 marzo nella Galleria di Triennale il coreografo italo-tedesco Marco Berrettini esplora nel suo nuovo spettacolo Jiddu (prima nazionale) il senso profondo della collettività e della comunità a partire dalla storia di una compagnia di danza popolare bavarese che, in mancanza del successo desiderato, decide di aprire il proprio repertorio alla contaminazione.
Tra i giovani coreografi italiani più apprezzati sul territorio nazionale, il coreografo Daniele Ninarello presenta invece mercoledì 25 marzo a Triennale Milano Teatro il suo nuovo lavoro, prodotto all’interno del progetto RING – che unisce FOG a Festival Aperto (Reggio Emilia), Torinodanza e Bolzano Danza per sostenere ogni anno un artista italiano attraverso il meccanismo della coproduzione. RISE è un dispositivo coreografico aperto e partecipativo, attraverso il quale Ninarello invita a immaginare nuove possibilià di coesistenza, trasformando lo spazio scenico in un territorio vivo di incontro, ascolto e mutazione.
Componente essenziale della proposta di FOG, la musica è protagonista giovedì 26 marzo al Teatro Filodrammatici grazie a Sentieri Selvaggi, ensemble fondato da Carlo Boccadoro, Filippo Del Corno e Angelo Miotto che dal 1997 si dedica ad avvicinare la musica contemporanea al grande pubblico: Femenine (1974) è una delle opere più rappresentative di Julius Eastman, compositore, pianista e performer statunitense, la cui partitura non costituisce un insieme definito di istruzioni, ma incoraggia i performer a usare la creatività per dare vita a un lavoro sempre differente, che esiste pienamente solo nell’esecuzione.
Sabato 28 e domenica 29 marzo due gli appuntamenti in programma, a cominciare da quello nella Galleria di Triennale Milano con il nuovo spettacolo di Motus: storica protagonista della ricerca italiana negli ultimi trent’anni, la compagnia guidata da Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande torna a FOG con Frankenstein (History of Hate), secondo capitolo del progetto dedicato alla celebre creatura nata dalla penna di Mary Shelley. Al centro, il punto di rottura tra amore e odio che segna la nascita del “mostro”, intrappolandolo nel costante, doloroso tentativo di trovare un posto nel mondo.
Nelle stesse date, la Sala Artisti di Triennale Milano Teatro ospita la prima italiana di How I Learned To Drive di Tara Manić: la regista serba, tra le voci emergenti del nuovo teatro europeo, affronta il testo di Paula Vogel – vincitore del Premio Pulitzer per la drammaturgia – in una messa in scena essenziale, dove la memoria e il silenzio si fanno strumento di ascolto e consapevolezza per indagare la complessità del desiderio, dell’abuso e del potere nascosto nei gesti dell’amore.
Martedì 31 marzo replica unica in Triennale Milano per la prima assoluta di 900 Satellites, estensione dell’opera collettiva 900 Something Days Spent in the XXth Century di Némo Flouret, pluripremiato performer e coreografo francese: una performance diffusa, parte del progetto europeo PIT (Perform Inform Transform: Participatory Performance in Art Museums), che occuperà gli spazi del Palazzo dell’Arte per creare una partitura essenziale e spontanea, affidata unicamente al movimento, in un’esplosione coreografica sorprendente, condotta in risonanza con uno spazio architettonico unico.
Il programma del mese di aprile si apre con un altro double bill da non perdere: mercoledì 1 e giovedì 2 aprile a Triennale Milano Teatro la coreografa palestinese Marah Haj Hussein, in Language: No Broblem intreccia danza e teatro per indagare la lingua come spazio di identità, conflitto e resistenza, in un viaggio tra lingue, geografie e memorie che esplora le dinamiche di potere tra arabo ed ebraico, tra colonizzatore e colonizzato.
Da mercoledì 1 a venerdì 3 aprile il festival torna in Voce per presentare la prima italiana di A Maritime Haunting di Freya Powell, installazione sonora immersiva e multicanale realizzata dall’artista anglo-americana che utilizza la voce dei performer e i suoni naturali (onde, maree, correnti), per esprimere la perdita ambigua causata dalle politiche migratorie nel Mar Mediterraneo.
Subito dopo la pausa pasquale, mercoledì 8 e giovedì 9 aprile ancora una prima italiana a Triennale Milano Teatro con il regista messicano Anacarsis Ramos e la sua compagnia Pornotràfico: racconto intimo e politico, dove la memoria diventa gesto e il teatro spazio condiviso di libertà e riscatto, Mi Madre y el Dinero prende spunto dalla biografia dell’autore per raccontare la realtà della vita negli stati più poveri del suo paese e sottolineare il valore dell’arte come eterna possibilità di riscatto.
Tra i più apprezzati interpreti del teatro partecipativo a livello internazionale, Trickster-p è tra le presenze costanti di FOG: il duo svizzero presenta al Padiglione Chiaravalle in prima italiana da venerdì 10 a domenica 12 aprile la sua nuova creazione Common land, un’esperienza che conduce il pubblico a esplorare un paesaggio in continua trasformazione ispirato ai modelli reticolari e interconnessi presenti in natura. Abbandonando la centralità dell’essere umano, lo spettacolo costruisce un dispositivo poetico e percettivo che invita a ripensare i concetti di tempo, spazio, appartenenza e comunità.
L’apertura a nuovi pubblici e l’attenzione ai giovani spettatori è da sempre una delle mission di FOG: in quest’ottica, da sabato 11 a lunedì 13 aprile il festival propone in prima italiana sul palco di Triennale Milano Teatro una suggestiva performance immersiva per bambini a partire dai sette anni ideata dalla compagnia franco-belga Ersatz. Au Jardin des Potiniers è un'introduzione giocosa alla performance e al linguaggio scenico contemporaneo che vuole favorire la coscienza dello splendore della natura e della sua fragilità.
Lunedì 13 e martedì 14 aprile si torna a BASE Milano per This resting, patience
della danzatrice e coreografa polacca Ewa Dziarnowska: una durational performance di 180 minuti che, adottando un formato sperimentale, rompe la passività dell’installazione e i dettami temporali e narrativi della performance, allontanandosi da una concezione della danza come forma espressiva separata dalla realtà per metterne in risalto la dimensione sociale e relazionale.
Mercoledì 15 aprile, la sala di Triennale Milano Teatro apre per l’ultima volta le sue porte per la prima italiana di Three Verses of Solitude, performance collettiva concepita da Maya Zbib, Lee Serle, Ben Frost con il collettivo libanese Zoukak, che usa il teatro come strumento di resistenza e riflessione per indagare la solitudine come rifugio e condizione condivisa, soprattutto in tempo di guerra. La creazione musicale è affidata a Ben Frost, uno degli artisti più importanti della scena mondiale.
A seguire, negli spazi di Voce il team di OBLICUOHIFI – progetto dedicato al listening creato a Barcellona da Ivanmaria Vele e Dobrochna Giedwidz – conduce il pubblico in un’esperienza d’ascolto interamente su vinile, fondendo nel suo dj set instabilità e movimento per invitare a cambiare prospettiva e aprirsi a nuove visioni, connessioni e possibilità di ascolto. Due dj internazionali saranno ospiti della serata di Oblicuo: il giapponese Hanakito e l’uruguaiano Fatal.
La chiusura della prima parte della nona edizione di FOG Triennale Milano Performing Arts tocca domenica 26 aprile ad Ariella Vidach, direttrice artistica della compagnia AiEP e altra presenza immancabile del festival, che porta il suo progetto di performance Improvvisazioni itineranti nel Parco, pensato per lo spazio pubblico insieme a giovanissimi danzatori e coreografi, nel suggestivo contesto di Chiaravalle, all’interno del Parco Agricolo Sud Milano (prima assoluta).