" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

L’apocalisse del guru e un’Estinzione da vedere

 Tra le tante cose, piccole e grandi, che s’è portato via il Covid, nel 2022 si registra la chiusura per carenza di fondi dello spazio a Le Vallicelle del Workcenter di Pontedera fondato da Jerzy Grotowski. L’ha annunciata Thomas Richards, che aveva fatto proseguire l’attività formativa della singolare comunità artistica; il condirettore Marco Biagini aveva comunque già deciso di staccarsi dal centro grotowskiano per proseguire la propria attività insieme con l’Accademia dell’Incompiuto (facebook.com/accademiadellincompiuto). Che sia una questione di finanziamenti pubblici mancati, a portarsi via l’ultima ‘istituzione’ sopravvissuta alla morte del guru ‘teatro povero’, era quasi scritto nel destino: tutti gli ammiratori e imitatori dichiarati di oggi del regista polacco, che è diventato il punto di riferimento dell’Avanguardia già a partire dagli anni Sessanta, non dovrebbero dimenticare da dove è partito. Chi ha conosciuto bene Grotowski agli inizi sa che il suo Teatro Laboratorio nella piccola Opole viveva di una misera sovvenzione statale e degli incassi di un pubblico che al massimo era di 25 persone, ma a volte anche solo di sette-otto invitati. “Durante i primi anni Grotowski e i suoi attori morirono di fame - e per niente affatto nel senso figurato del termine. La povertà era all’inizio una pratica di questo teatro; solo più tardi fu elevata alla dignità dell’estetica”, scrisse il grande critico Jan Kott, anche lui polacco, che fu interlocutore vicino anche se non certo così entusiasta, del regista.

 

 LA METAFISICA COME FUGA DAL REGIME 

 Sebbene in età giovanile sia stato simpatizzante comunista, Grotowski non era nient’affatto zelante con il regime e pur di non scendere a compromessi ha pagato un prezzo considerevole sotto il profilo del contenuto. La scena teatrale polacca, integralmente finanziata dallo Stato, era forse la più politica del mondo: eppure Grotowski scelse di sostituire l’impegno con la metafisica. Al punto che, dopo le primissime apparizioni in Inghilterra e negli Stati Uniti, dovette subire l’onta della critica di alcuni intellettuali occidentali simpatizzanti del comunismo reale, che sostenevano di trovare inspiegabile il fatto che il maggior successo artistico di un paese socialista come la Polonia fosse proprio un ‘teatro mistico di oscure esperienze religiose’, di una ‘metafisica astrusa e ambigua’…


 OSCURATE ANCHE LA LUCE DI BRECHT

 Oggi, in tempi di dibattito sul teatro ecologico, si potrebbe ricordare come la contrapposizione di Grotowski al modello del teatro brechtiano avviene persino sul piano dell’illuminazione: “Dacci luce sulla scena, tecnico della luce!”, era l’ammonimento di Bertolt Brecht, che pretendeva di poter tenere ‘vigile e sorvegliante’ il pubblico attraverso l’uso di ‘una chiarezza risplendente’. Andava invece all’oscuro, sopratutto nelle scene conclusive, l’ultimo e mitico spettacolo di Grotowski ‘Apocalypsis cum figuris’ (titolo che rimandava a una celebre serie di incisioni di Albrecht Dürer): dopo che il Grande Inquisitore scaccia per sempre l’Innocente dal mondo, persino le fiammelle delle candele si spengono e resta solo il Buio assoluto.


 PANDEMIA, COLONIALISMO E MISTICA

 ‘Una nave spagnola scende per la prima volta sul Rio delle Amazzoni, qualcuno scorre la galleria di immagini in cerca di una foto, la galleria inferiore di una miniera illegale crolla, il Re di Spagna ascolta con soggezione una messa in suo onore, polvere d’oro in sospensione, una nuova notifica instagram appare sullo schermo, piove fango, un insegnante di anatomia cerca il luogo dell’anima, qualcuno trova il ristorante più vicino, 56 messaggi non letti, l’interno della giungla brucia, un requiem risuona in una cattedrale del Nuovo Mondo, un’intelligenza artificiale riflette sull’estinzione dell’umanità, qualcuno guarda il cielo, qualcuno guarda una serie, qualcuno prende un frammento di minerale, qualcuno alza un calice, qualcuno alza un telefono. Un grande schermo che domina lo spazio, diversi tavoli da lavoro, diversi set cinematografici, alcuni interpreti-manipolatori, un direttore musicale, e un coro e un’orchestra si mescolano sul palco. Immagini statiche ed estatiche catturate dal vivo e trasformate in tempo reale, interpreti che entrano ed escono da diverse figure allegoriche, la ricerca dell’anima, la ricerca del coltan, del fuoco, di Eldorado, del sangue, di qualche puro e semplice intrattenimento per gonfiarci come un popcorn che sta per esplodere’. Questa è la scheda del nuovo spettacolo ‘Extinctiòn’ che la compagnia Agrupación Señor Serrano di Barcellona ha preparato durante il Covid e che ha presentato in scena ad aprile, al Teatro de La Abadia di Madrid. Proposta davvero inconsueta, che muove dai due capolavori di musica barocca del benedettino Joan Cererols (la ‘Missa de Batalla’ del 1649 e la commovente ‘Missa pro Defunctis’ del 1654, che ispirò persino Bach) e arriva al post-colonialismo. Sarà che sono ancora in tournée con il precedente strepitoso ‘The Mountain’, sarà per la complessità di questo impianto, con tanto di coro e orchestra barocca, che nessun teatro italiano ha ancora inserito ‘Extinciòn’ nella programmazione. Purtroppo.  


LA CITAZIONE

 Nelle svolte storiche è importante che l’uomo sia in grado di essere completamente solo, di non essere completamente collettivo, di non andare ciecamente dietro all’onda.

 

 La frase, a proposito dell’imminente crollo del comunismo e dell’avvento di un modello unico turbocapitalista, fu una delle raccomandazioni che ripeteva agli interlocutori Jerzy Grotowski, nel 1981, ai tempi di Solidarnosc, movimento a cui fu comunque tutt’altro che ostile (riferita in ‘Essere un uomo totale. Autori polacchi su Grotowski’, Titivillus ed. 2005). Grotowski, peraltro, non era così convinto nemmeno dei suoi seguaci teatrali: ‘bisogna assolutamente evitare il proselitismo, ci sono molti approcci efficaci…’


Nella foto di José Antonio Escudero, una scena di ‘Extinción’ di Agrupación Señor Serrano


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