

Sentire oltre la Musica, con gli idoli e la khoka dalle Ande, la poesia mistica araba, una radice in sanscrito e un eco di Jünger
16.10.2025
Ah, quant’è stata davvero singolare l’apertura della 69ma Biennale della Musica di Venezia, intitola ‘La stella dentro’ e così caratterizzata da Chuquimamani-Condori, artista e musicista post-folk e iper-contemporaneo, orgogliosamente indios e queer, già noto come Elysia Crampton o E+E. Con il fratello Joshua Chuquimia Crampton, nel duo ora denominato Los Thuthanaka (titolo del ‘surprise album’ d’esordio registrato tra Savannah e Nashville, su Bandcamp dal 22 marzo) è stato protagonista dell’insolito concerto happening inaugurale di sabato 11 ottobre, nel pieno di un suggestivo tramonto in Arsenale, preceduto da un piccolo corteo di barchini risuonanti e colorati con luci al neon. Poi, la domenica dopo mezzogiorno, nel luogo solenne del palazzo dell’istituzione, la Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, per la consegna del Leone d’Argento, sempre in divisa da antico cerimoniale andino Chuquimamani-Condori ha pure voluto condire ostentatamente, con la masticazione di foglie ‘di medicinale’, l’intervista dopo la breve cerimonia. Le ha offerte anche all’interlocutore, l’esperto curatore d’arte Andrea Lissoni. Quest’ultimo, dopo, a margine, ne ha offerto un assaggio anche alla nuova direttrice della Biennale, Caterina Barbieri...
Naturalmente, in una situazione ufficiale come la premiazione del Leone, di fronte anche ai vari rappresentanti delle autorità militari che si schierano in divisa d’onore alla cerimonia, il Presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ha avuto una certa cura di evitare di ‘mangiare la foglia’. Chissà che non si trattasse di ‘khoka’, parola del resto originaria della popolazione indigena aymara di cui fa parte l’artista, ché poi in questa lingua tradizionale delle terre alte andine è anche l’unica che si usa per estensione come ‘albero’. Buttafuoco aveva addirittura affidato la consegna del premio al ‘suo’ neo-consigliere d’amministrazione di fiducia, che lo ha seguito da Roma, Tamara Gregoretti (che è stata anche autrice dei programmi televisivi di Giuliano Ferrara; la sorella Sabina è una sorta di braccio destro di Maria De Filippi, entrambe sono figlie di un giornalista del gruppo storico dell’Espresso, l’eclettico Carlo Gregoretti).
Chuquimamani-Condori ha ripetuto nel suo breve speach quanto già dichiarato nel testo per l’interessante catalogo de ‘La stella dentro’: ‘Abbiamo un detto nella nostra lingua materna, che si traduce così: ‘Non provare pietà per le persone q’iwa (o queer), perché camminano guardando le stelle’. L’origine Aymara, da non confondersi come fanno molti con gli altri popoli indigeni Quechua, più noti in Europa anche per via della commercializzazione del marchio Decathlon, indica una popolazione che ha voluto e saputo resistere alla civiltà Inca, prima ancora che ribellarsi al dominio coloniale spagnolo. Parteciparono anche alla grande rivolta del 1779-81 guidata dal mitologico Túpac Amaru. Di fatto in questo primo lavoro di Los Thuthanaka la musica sperimentale elettronica-trance incontra le melodie di alcuni balli tradizionali della regione andina (huayño, caporal, e kullawada come specificano nella scheda dell’album riportata su wikipedia) in otto brani dedicati a miti delle tradizioni spirituali del luogo. Per primo il ‘felide stellare, la divinità acquatica chiamata Chuqui Chinchay’ (che sarebbe ‘la stella guaritrice la cui cura è rivolta agli ermafroditi indiani di doppia natura’) che può trasformarsi in ‘uccello, ominide, scimmia, rettile, anfibio e altro ancora’. Il curioso disegno copertina dell’album e del gruppo è stato esibito anche come spillino da alcuni accompagnatori dei due fratelli musicisti a Venezia e da una di questi prestato alla Barbieri.
Nel singolare catalogo di questa prima Biennale Barbieri si nota la rigorosa selezione 'extra-moenia' degli esperti chiamati a intervenire accanto agli artisti invitati al festival. Altro che musicologi: il critico d'arte Lissoni introduce con un ritratto anche il Leone d’Oro Meredith Monk, e il saggio di chiusura è di Federico Campagna, un giovane filosofo militante. Campagna ora vive a Londra ma è piuttosto noto come teorico ‘nelle reti anarchiche/movimentiste’ - definizione del suo sito - nonché interlocutore e collaboratore di Francesco Berardi detto Bifo, che dopo la scomparsa di Toni Negri è un po’ il pensatore di riferimento di quest’area extraparlamentare erede dell’Autonomia che fu nel Settansette, a perenne vocazione rivoluzionaria (o comunque ribellistica, dato che l’ultimo orizzonte d’emancipazione anti-capitalista sembrerebbe quello della ‘diserzione’). In chiusura della parte saggistica del catalogo, Campagna s’esibisce in una dotta dissertazione intitolata con la voce in sanscrito *h₂er- seguito da ‘arma e armonia’ rigorosamente in minuscolo (parole etimologicamente discendenti da quella stessa radice proto-indoeuropea). Un ragionamento sofisticato che alla fine, poi, sembrerebbe tradursi in un elogio della leggerezza che la musica può produrre in noi, laddove riesca a unire o connettere il nostro mondo ‘con la realtà straboccante, inafferrabile e assurda che costituisce lo sfondo del nostro esistere’: ‘la leggerezza di accorgersi di essere sempre stati nulla, ma un nulla da cui ogni cosa può emergere’.
Al centro del bel catalogo di questa Biennale Musica 2025 si fa davvero notare la presenza di tre componimenti mistico-poetici in arabo, inglese e italiano, firmati dal musicista egiziano Abdullah Miniawy. Miniawy canterà in un concerto performance per voce e tromboni allestito da Biennale con Fondazione Teatro La Fenice sabato 18 ottobre, al Teatro Malibran. Il titolo, ‘Peacock Dreams’, che allude ai sogni di un pavone che vuol essere poeta, e viceversa, è quello del suo ultimo album che ‘attinge alle tradizioni sacre arabe e copte, alle metafore Sufi e alla densità sonora della vita quotidiana’. Già protagonista della primavera araba al Cairo, trasferitosi a vivere a Parigi e vincitore nel 2023 di un premio world music a Le Victoires du Jazz per ‘Le Cri du Caire’, Miniawy è stato ospite anche dell’ultimo Festival d’Avignon nella serata ‘Nour’ che l’Institut du monde arabe di Parigi ha allestito per ‘celebrare la ricchezza della lingua araba’. Abdullah ha fatto capolino a Venezia fin dai primi giorni della manifestazione affidata a Caterina Barbieri, mostrandosi innamoratissimo accanto alla nuova fidanzata. E’ stato decisamente meno affettuoso con il traduttore in italiano dei suoi versi (la versione inglese che segue l’arabo è curata dallo stesso Miniawy), scrivendo a chiare lettere ‘odio la poesia tradotta’ proprio all’inizio della chiusa di ‘Inginocchiati per la verità’.
La citazione
Dall’infinito all’uno,/ assapora l’essenza, a volte è sufficiente,/ Quindi alzati e inginocchiati per la verità,/ poi ripeti le parole sgradite/ finché risuonano,/ io bramo d’incarnare questo potere divino
Indios anticoloniamisti e queer, techno-mondialisti, teorici movimentisti post-foucaltiani, musulmani rivoluzionari e sincretisti… Chissà che cosa potrebbe dire della politica culturale di questa Biennale Musica un emulo nostrano dei nuovi ‘Controrians’ alla Peter Thiel. Com'è noto il tecnocrate considerato una figura chiave del movimento che sostiene la seconda presidenza Trump, una nuova destra radicale che muove dall’antropologia cristiana e profondamente anti-nietzscheana di René Girard, si è battuto in primis per il categorico rifiuto di tutti gli assunti ‘woke’ e della lettura americana della cosiddetta French Theory, da cui sono poi sbocciati la critica multiculturalista e i vari cultural e gender studies. Con grande cordialità e pazienza, a margine della prima di ‘Elevations’ di Maxime Denuc nel nuovo spazio LSD (acronimo ambivalente che in questo caso starebbe per La Stella Dentro) e dopo il Leone d’Argento con foglie di khoka e animali esoterici andini, il presidente Buttafuoco ha cercato di dare lumi a qualche vecchio collega disorientato. Basterebbe aver letto bene Ernest Jünger, ha spiegato, e in particolare il suo ‘Avvicinamenti’, il testo guida della Psiconautica e delle iniziazioni spirituali con gli stupefacenti.
Il riferimento a quello che un tempo si sarebbe definito 'il discusso Jünger', pregiato intellettuale solitario, autodefinitosi l'Anarca dopo un non proprio nobile passato nazista, da molti considerato all’estrema sinistra della destra estrema, si ritrova subito anche nei Progetti Speciali di fine anno appena annunciati dell’Archivio Storico della Biennale. Prima di un omaggio a Franco Battiato e del riallestimento del Coro di Luciano Berio, sarà organizzata per il 6 novembre, nel Sacrario militare al Lido intitolato a Santa Maria Immacolata come Tempio Votivo della Pace, una Lectio Magistralis di Massimo Cacciari sul tema ‘La morte dello jus belli’, con letture da ‘Zum ewigenFrieden’ (Per la pace perpetua) di Immanuel Kant a ‘Der Friede’ (La pace - Una parola ai giovani d’Europa e ai giovani del mondo) di Ernst Jünger…