'Chroniques' che chiamano un'altra piccola cronaca, con titolo provvisorio: Peeping Tom II, la versione di Gabriela

Gabriela Carrizo (foto Morrec per Peeping Tom)

 A volte fa comodo partire dalla fine, ma in questo caso ci vorrebbe una malsana diplopia binoculare, invece dello sguardo modesto del cronista di una rappresentazione milanese del nuovo spettacolo dei Peeping Tom.

‘Chroniques’, con titolo al plurale che bene denota una autentica trappola narrativa e altrettanto perfettamente allude alla sfida con il dio del tempo Chronos, ha vissuto almeno due distinti ‘dopo’ degni di nota nella Sala dell’Arte di Triennale Teatro Milano

 Un primo elemento da riferire è la reazione degli ‘aficionados’ della compagnia belga, e in genere del teatro-danza di ricerca, i soliti che restano in sala più a lungo come a voler prolungare lo stupore, dopo il bel giro di meritati applausi per i cinque performers che definire strabilianti non è fuori luogo. 

 Si sente ripetere qua e là: ‘a me è piaciuto’, con tante sottolineature del primo pronome, che sa quasi del manzoniano ‘A me mi par di sì’ di Renzo, accettato persino dalla Crusca.

Nessun fan stasera reputa pleonastica quell’attribuzione tonica di un parere personale, non vincolante per il resto del pubblico, perché gli appassionati si rendono ben conto che ‘Chroniques’ non è soltanto un lavoro difficile da accettare e forse per molti non perfettamente a fuoco, quanto proprio uno spettacolo spiazzante e persino sarcastico, nel senso proprio di lacerante.

 Consegnata al dopo è anche la soluzione del piccolo mistero di una stampantina bianco sporco, che viene portata in palcoscenico quasi all’inizio dello spettacolo e poi finisce chissà come ingoiata nel nulla, dopo essere stata appoggiata sul tavolone da lavoro artistico che domina un lato della scena. 

 In fondo, trattandosi di un racconto sui generis, con soli uomini, e di una risposta a quella sorta di grandiosa deriva teatrale narcisistica allestita e firmata nel 2023 dal socio Franck Chartier, ci si poteva pure illudere che anche Gabriela Carrizo ci riservasse una qualche ‘castellucciata’ a sorpresa - nel senso che guru Romeo ha esibito una grandiosa stampante bianca, fatta scendere dall’alto e messa in funzione per la scena del ‘catalogo delle belle’ di Leporello, nel ‘Don Giovanni’ a Salisburgo.

 E invece no, la stampante di ‘Chroniques’ è un piccolo ‘cliffhangher’ per il dopo spettacolo, serve soltanto perché alla fine gli attrezzisti la recuperino e la piazzino quasi in proscenio, attaccandola all’impianto elettrico, in modo che possa stampare a ripetizione un volantino di solidarietà ai palestinesi di Gaza con lo slogan ‘Stop the Genocide’. Pochi, in realtà, vanno poi a tirar su la copia ma ormai adesso, dal 9 ottobre, di mezzo s’è messo lo zampone di Trump e le proteste hanno già avuto un certo effetto.

 Ricominciando dall’inizio, l’attesa per questo colpo di apertura dello speciale FOG Inequalities di Triennale Teatro è altissima, sia da parte di chi è riuscito a vedere l’ultimo lavoro dall’impossibile titolo geografico S 62° 58', W 60° 39', all’esordio in Biennale Dance Lyon 2023 o nelle due o tre date italiane, sia di chi ne ha soltanto sentito parlare, in genere non proprio benissimo. 

 I bene informati, poi, sanno che la nave incagliata in quelle acque artiche di Deception Island indicate dalle coordinate del titolo, potrebbe rappresentare in fondo la situazione stessa che si è creata nella compagnia, con la separazione di fatto dei due creatori e un certo quale stallo da successo. 

Charlie Skuy con Balder Hansen in 'Chroniques' (foto di Sanne De Block)

 E, invece, eccoci dunque a Peeping Tom II, secondo episodio: ‘Chroniques’ di Gabriela Carrizo, ovvero l’altra metà del duo si mette alla prova. Novanta minuti presentati, peraltro, con una chiarezza esemplare, vedi l’intervista di Matteo Torterolo per il puntuale programma di sala di Triennale Teatro, che si può scaricare ancora online.

 Ma questo nostro Peeping Tom II reclama almeno un recap, in breve: dal 2020 la compagnia fiamminga di teatro e danza fondata da Franck Chartier e Gabriela Carrizo ormai 21 anni prima, incontra uno straordinario successo con lo stupefacente ‘Diptych: The missing door and The lost room’, subito arricchito in sequenza da un terzo atto, ‘The hidden floor’, per farne un acclamato ‘Triptych’.

 Si tratta, in realtà, di un remake di pezzi allestiti negli anni Dieci, dall’una e dall’altro dei due coreografi-autori, per il balletto nazionale olandese NDT1: ma è come se, arricchiti e perfezionati insieme, finalmente si aprissero a un diverso e più pieno significato, nel vortice della crisi epocale che cominciava con la pandemia. 

 Sta di fatto che con l’incalzante sequenza di aggettivi che alludono a una dimensione altra e segreta (missing, lost, hidden), in titoli così centrati su elementi primari della casa come la porta, la stanza e il pavimento, si svela anche la forza d’impatto della poetica dei due creatori, rappresentata da un logo che allude all’espressione colloquiale inglese che indica il voyeur o guardone, e simboleggiata da un corvo appollaiato. 

 Una linea che - come spiegano loro stessi - muove dall’iperrealismo per presentare allo spettatore ‘un universo instabile che sfida la logica del tempo, dello spazio e dell’umore’ e infine ‘diventare il testimone - o meglio, il voyeur? - di ciò che di solito rimane nascosto e non detto’. 

 Ad entrare meglio nei dettagli si scopre che la nostra Gabriela di ‘Chroniques’ - classe 1970, argentina di Cordoba, ballerina per passione dall’età di dieci anni, arrivata in Europa alla vigilia degli anni Novanta, performer nella scena belga in pieno fulgore, con l’occasione di collaborazioni nelle compagnie dei Jan Lawers, Alain Platel e via elencando magistrali creatori - è un po’ rimasta la stessa che ha segnato con la sua impronta il primo originale di ‘The missing door’. 

 Nonostante il successo e la carriera, è riuscita a non farsi impigliare nel teatro auto-referenziale seguito all’onda lunga del post-drammatico, che invece ha per un attimo catturato il compagno e sodale Franck. E con ‘Chroniques’ può riproporre con la stessa forza originale quel ‘mondo inconscio di incubi, paure e desideri’, che Peeping Tom affermano ‘di usare abilmente per far luce sul lato oscuro di un personaggio o di una comunità, a partire dalla casa chiusa delle situazioni familiari’. 

 Stavolta la scatola che imprigiona l’azione è come uno studio-caverna d’artista, dove si dipinge e si creano sculture, con un pugno di giovani maschi a bottega, bene assortiti in modo da rappresentare uno spaccato del mondo stesso, che viene sbalzato in una dimensione distopica, avanti e indietro nel tempo, da un evento naturale tellurico.

E nell’ultra-realtà cupa e incomprensibile, specchio nemmeno troppo deformato del nostro momento storico, perdono ragione e sentimento tornando quasi istintivamente a modelli più o meno bruti della cosiddetta ‘mascolinità tossica’.

 Come scrivono gli esperti, alla fine però ‘riceviamo la bellezza, se pur spaventosa, dello spettacolo e la bravura degli artisti’ (Olga Orlandi): parliamo di ‘cinque interpreti di decisa personalità e magistrale tecnica. Storie e fisicità diverse, cresciute tra balletto, break dance, teatro fisico, arti visive, teatro, performance: sorprendenti’ (Francesca Pedroni).

Sono il coreano Seungwoo Park, che è anche autore del dipinto sul fondale di scena; uno scozzese di NDT orgogliosamente ‘non-binary artist’ Boston Gallacher; il ‘bisontico’ norvegese Balder Hansen, con il suo compagno di lavoro Simon Bus, singolare ‘b boy’ olandese premiato come autore di ritratti coreografati; infine, ma non per ultimo, Charlie Skuy, canadese di Toronto, che è un po’ anche il più protagonista e si esibisce pure cantando un'ineffabile ‘I Cant Stop Loving You’, in una quasi catarsi liberatoria. 

 Nella seconda voce in tamburino, dopo la regia, si legge ‘in corealizzazione’ con Raphaëlle Latini, altra firma che viene dritta da ‘The missing door’, dove aveva curato il progetto sonoro e gli arrangiamenti: in ‘Chroniques’ si può dire che il suo lavoro di composizione dei suoni e dei rumori sia praticamente perfetto per tenere in piedi la costruzione del racconto. 

 A un certo punto si fanno notare anche le bizzarre ‘painting machines’ della coppia di artisti con base in Barcellona Lolo&Susaku, che entrano in scena e vengono messe in azione durante il racconto 'come altri corpi fragili' (Carrizo dixit) accanto a quelli umani.

Dopo la voce ‘collaborazione speciale’ per questi post-moderni Tinguely, in tamburino ricompare anche, nei ringraziamenti, dopo l’inevitabile Franck, Uma Chartier, che qualcuno ricorderà come l’infante protagonista di ‘Le Salon’, nel 2004, poi ancora bambina di altri due-tre pezzi dell’inizio. La seconda generazione che dunque s’affaccia in questo secondo atto di Peeping Tom II…  

 Resta soltanto da aggiungere che parliamo di un lavoro di teatro-danza certo non proprio facile e immediato eppure anche pregevolmente stimolante, oltre che di uno spettacolo straordinario sotto il profilo propriamente tecnico.

Per non rovinare più di tanto la sorpresa a quanti avranno la fortuna di vedere ‘Chroniques’ (sul sito del Teatro di Nizza che lo produce e nel calendario online della compagnia ci sono già molte date della tournée: è previsto, tra l'altro, un secondo passaggio in Italia nella primavera del 2026), manca soltanto un’ultima parola per Gabriela Carrizo: grazie!

Autoritratto del duo d'artisti Lolo&Susaku, dal sito ufficiale loloysosaku.com

Iscriviti
alla newsletter

Ultimi Articoli

Iscriviti
alla newsletter

-->