Il dramma del drammaturgo che sale in taxi per andare a teatro fuori orario e deve rispondere alla domanda: ma che lavoro fa?
10.12.2024
E dopo cinque magistrali atti unici di Tennessee Williams tutti in visita al Museo delle solitudini raccolte
Inutile girarci intorno, è innegabile che alcuni posti siano migliori di altri. Forse perché ci risultano più accoglienti, o perché ci mettono a nostro agio, o più semplicemente perché ci fanno sentire bene, un po’ come a casa.
È una misurazione che vale anche per i teatri, declinata attraverso uno strano miscuglio di elementi materiali ed immateriali, dall’organizzazione degli spazi alle scelte di programmazione. Fattori più o meno ovvi, ma che presi tutti insieme concorrono a creare quel senso di appartenenza e di comunità che libera lo spettatore dagli stereotipi dell’abbonato o dell’habitué, e lo rinomina 'popolo' del teatro, secondo l’amorevole definizione di Eugenio Barba.
Il Teatro Franco Parenti di Milano ne è un esempio emblematico: Andrée Ruth Shammah, con infaticabile passione e grande maestria, l’ha ridefinito da semplice luogo di spettacolo a prezioso punto di riferimento culturale non solo per il quartiere, un multisala dove si fa teatro davvero per tutti, un po’ dappertutto, nei soppalchi come in piscina, spinti e trascinati dall’urgenza di farlo e condividerlo. E di dare e trovare spazio a quante più voci possibili, in una continua scommessa che mescola generi e generazioni, all’insegna di quella passione, di quell’amore che sono poi il comun denominatore della nuova stagione, intitolata appunto 'E se tornassimo a parlar d’amore?'
E d’amore si parla parecchio nel magnifico spettacolo di Andrea Piazza 'Parlami come la pioggia', una produzione Teatro Franco Parenti dello scorso anno, riproposta in tandem con 'Lo zoo di vetro', entrata ora nell’ultima settimana di repliche.
Si tratta di cinque atti unici di Tennessee Williams, coniugazione sofferta e spietata di due paradigmi portanti del teatro del grande Maestro, la solitudine e il disperato bisogno d’amore, illustrati attraverso fulminei squarci di vita di altrettante improbabili coppie. La regia ispirata di Piazza li confina in un unico spazio scenico, circondato dal pubblico, che sembra replicare la citazione dell’autore che ne delimita gli ingressi: 'Quando tanti nel mondo sono davvero soli, sarebbe imperdonabilmente egoista essere soli da soli'.
Uno spazio spoglio seppure occupato dal disordine di una gran quantità di cose, che replica visivamente l’animo ingombro e tribolato dei protagonisti, interpretati dagli strepitosi Valentina Picello e Francesco Sferrazza Papa. Un camaleontico duo, molto sapientemente diretto, avvoltolato in un ipnotico continuum, tra rapidi cambi di costume e costruzioni sceniche minimali.
Al termine dello spettacolo, gli spettatori possono attraversare la scena, riconoscerne e riscoprirne gli oggetti, accompagnati dalle parole dell’autore, in una sorta di visita postuma, ultimo atto di una regia che conferma Piazza non più una promessa, ma ormai una certezza della scena teatrale nostrana.