Un fine settimana nella cava dei pescatori, e poi la rivolta dei sordi: dopo C e B, riprende a Milano anche la Zona KBL
09.10.2024
Per un giorno e una notte ecco i riti MilanEleusi, regalo di fine stagione del Piccolo alla città
Il titolo è alquanto ambizioso, ‘Eleusi: Dittico sul sacro’, come il progetto stesso che il regista autore di origine siciliana Davide Enia ha allestito a Milano con la sua squadra e un gruppo di 21 performers di varia estrazione: la maratona di 24 ore non stop, dalle 21 di sabato 10 giugno alle 21 di domenica 11 giugno 2023, è una sorta di regalo di fine stagione che il Piccolo Teatro regala, con accesso libero fino ad esaurimento posti, in una doppia e insolita sede.
Al Teatro Grassi ci sarà la perfomance vera e propria, una all’inizio di ogni ora, della durata di circa 20 minuti, mentre al Teatro Studio Melato, l’associazione dei Cori Lombardia garantisce esibizioni corali per 24 ore consecutive, con la supervisione dell’Accademia Teatro alla Scala, e una voce narrante che costruisce una sorta di racconto.
Stando alle parole di Enia stesso, si tratta di una sorta di rito, inteso come rappresentazione che fin dall’inizio della civiltà umana si caratterizza come forma originale e unica per ‘arginare il male’. Nel caso della sala oggi intitolata a Paolo Grassi, che com’è noto fu riadattata a luogo di tortura dai più feroci sgherri repubblichini durante il regime di Salò, il male ha occupato in modo radicale ‘lo spazio vuoto’ che un tempo era riservato alla rappresentazione. E, pare di capire, i performers di Enia riporteranno alla luce proprio quel passaggio oscuro, entrando persino nei dettagli degli strumenti che venivano impiegati per il supplizio dei partigiani e degli oppositori del fascismo.
Così come lo spazio del Teatro Studio Melato, già Teatro Fossati - che a metà dell’Ottocento ospitava una programmazione popolare e anche dialettale, ma che poi Giorgio Strehler volle riaprire nel 1986, all’opposto, come sala per la sperimentazione -, tornerà per 24 ore in mano a quello straordinario tessuto sociale di appassionati non professionisti che si riuniscono per cantare nei cori.
Intorno alla non stop al Piccolo, l’apertura alla città è affidata anche ai riti collettivi con diverse iniziative curate da Mare culturale urbano, compreso un più che indispensabile ‘bread corner’ con il pane buonissimo e sano di Madre project, che curerà anche un laboratorio di panificazione per 40 partecipanti, in due diversi slot orari.
Sarà tutto da vedere e da valutare dal vivo, anche sulla base dell’affluenza e delle reazioni del pubblico, questo singolare e sulla carta lodevolissimo progetto MilanEleusi, che peraltro curiosamente s’incastra con la Milanesiana in corso. Con i nomi di Enia e dei suoi performers, del resto, parliamo di tanti ottimi professionisti; l’entusiasmo per l’occasione che viene offerta ai cori di volontari funzionerà sicuramente come volano; il Piccolo e la Scala, ovvero le due istituzioni teatrali più importanti d’Italia, ci mettono la firma di garanzia.
A margine delle presentazione ci si fermerebbe subito a notare l’intendimento di ‘volare alto’, tra la preoccupazione manifestata da Enia per ‘la scomparsa del sacro dal nostro orizzonte’ e l’ormai consueto aggettivo ‘liminale’, in senso estensivo rispetto al significato proprio psicologico-fisiologico, che il direttore professore Claudio Longhi usa sovente.
‘Con Eleusi' ha dichiarato il direttore del Piccolo, 'ci si porta in una zona che alcuni antropologi definirebbero ‘liminale’ tra quello che propriamente chiamiamo teatro e quello che chiamiamo rito’. (Ndr: il correttore automatico fatica ad accettare che liminale non sia, per esempio, Viminale, ma questo è un problema da scribacchini...)
Per non dire, più seriamente, di quanto anche un’iniziativa sulla carta irregolare e aperta come un doppio rito di 24 ore per la città, di fatto, dentro a istituzioni così consolidate, si rinchiude facilmente subito in una certa chiave autoreferenziale, con i rischi connessi, di confronto con un passato glorioso e celebrato, per non dire dell’indiretta sottolineatura di una certa quale ormai avvenuta ‘dis-incarnazione’ dalla realtà del presente.
Sarà un caso, ma persino tra il pubblico della conferenza stampa, quando Enia parlava del filo rosso tra le torture fasciste e i casi come Abu Ghraib o la Libia, più di uno mormorava, e infine una giornalista ad alta voce suggeriva, di riferirsi casomai al ben più vicino scandalo appena esploso a Verona delle torture della polizia ai migranti.
Ma le presentazioni sono un rito a parte, che andrebbe studiato nei dettagli. Per esempio, con un improbabile effetto di rifrazione della ritualità religiosa di ‘Eleusi’, dentro al Teatro Studio Melato, alla conferenza stampa del 7 giugno, si potevano vedere Elia e Longhi assisi come celebranti al centro, illuminati da uno spot discreto, entrambi sulla sedia da regista, con microfoni da concerti, quello di Enia addirittura montato sull’asta, e con tanto di look relativi.
Longhi è comparso in chiaro sacerdotale, compostissimo quasi come un Grande Cardinale della serie di Giacomo Manzù: s’intuiva appena un cenno di color salmone nella camicia, ma persino la sciarpa in nuance era beige chiara, questa volta (ne ha una intonata per ogni cambio abito, ma giura di non andare dalla stessa armocromista di Elly Schlein): Enia, nonostante le vistose sneakers rossonere da rockstar, gli scavalcamenti di gambe e l’enfasi nella gestualità da vero attore, ha fatto grande sfoggio di erudizione e proprietà di linguaggio.
A un certo punto, prima di sviscerare l’etimologia dal sanscrito della parola ‘sacro’, che conterrebbe in sé sia il bene sia il male, Enia si deve essere ricordato del suo conterraneo Franco Battiato e ha ammonito tutti: ‘per vivere davvero il rito sacro, ciascuno deve riuscire a svuotare se stesso dal proprio Sé, per fare entrare la Luce’. Che fosse dall’album ‘Come un cammello in una grondaia’?
Fine della chiacchiere: il rito di ‘Eleusi’, con gli attori di Enia al Grassi, con i cori al Melato e ancora nei vari djset, concerti ed esibizioni di contorno, nel chiostro Nina Vinchi e davanti allo Strehler, per 24 ore in cui entrare da un ventaglio di porte diverse, è comunque un’iniziativa davvero notevole.