

Con la prima Biennale Danza del suo secondo mandato da direttore, Sir Wayne McGregor rischia sette volte tanto
16.07.2025
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La danza contemporanea è di nuovo la grande protagonista di una singolare bell’estate delle emozioni artistiche e a bruciare sul tempo il calendario vero e proprio del Solleone è ancora la Biennale Danza di Venezia, che da giovedì 17 luglio a sabato 2 agosto tiene banco all’Arsenale e in varie location con un programma davvero ricco e onnicomprensivo.
Siamo alla prima edizione del secondo mandato di Wayne McGregor, coreografo reale di nome e di fatto (al Royal Ballet di Londra), e anche straordinario organizzatore, con tanto di notevole caratura intellettuale. Aveva chiuso così clamorosamente il primo ciclo da curatore che sembrava impossibile potesse fare ancora meglio, e invece ci prova. Perciò tra i varie elementi di rischio che rendono avvincente questo appuntamento, il primo è proprio vedere se Sir Wayne riuscirà a superare se stesso.
Come si è potuto notare anche nel caso del teatro, per dirigere al meglio una rassegna internazionale bisogna avere grandi doti specifiche del genere magistrale, prima di tutto di discernimento e di relazione. E certo questo riesce particolarmente bene a personalità mature e iperattive, che sfornano produzioni e spettacoli in gran quantità, com’è stato il caso di Antonio Latella qualche stagione fa e negli ultimi anni di McGregor. Questo a prescindere dal giudizio sul valore artistico delle varie opere del curatore stesso…
Dopo l’exploit dell’anno scorso con il maxi-spettacolo 'We Humans are Movements' al Palazzo del Cinema, entusiasmante prova con tanto di allievi di Biennale College, McGregor come autore-coreografo ha deciso come di ritirarsi in buon’ordine nel contesto di una performance artistica, come su un altro pianeta: ‘On the Other Earth’, questo il titolo, sarà una nuova installazione coreografica post-cinematografica, ispirata a ‘Deepstaria’ dello stesso McGregor (2024), che si propone di ‘rifrangere, sviluppare e reimmaginare il DNA concettuale dell’opera in una nuova forma di esperienza sorprendentemente originale. L’installazione prende corpo nel nuovo radicale spazio immersivo di uno dei maestri della New Media Art, Jeffrey Shaw.
Questa ‘Creatori di miti’ si apre con Twyla Tharp, insignita con il Leone d’Oro alla carriera in occasione del suo 60mo anniversario coreografico e 84mo compleanno: come ha scritto McGregor parliamo di un’artista ‘a dir poco fenomenale. I suoi rivoluzionari contributi all’ecologia globale della danza sono impareggiabili, con un lavoro che mette insieme rigore e gioco, disciplina classica e tecnica del balletto con la danza moderna, e movimenti naturali con coreografie radicalmente innovative per il palcoscenico e il cinema’. A Venezia la compagnia della Twarp si esibirà nello spettacolo autocelebrativo ‘The Diamond Jubilee’, presentato a New York a marzo e comprendente la ripresa di ‘Diabelli’ dalle Variazioni di Beethoven e ‘Slacktide’, frutto dell’ultima collaborazione con il compositore Philip Glass, che sarà rappresentato in prima europea. Insomma, una proposta 'tradizionale' ma tutt’altro che facile.
Pur di affrontare con la massima serietà la sfida delle nuove generazioni McGregor non esita a giocarsi così, come formatori, grandi nomi da cartellone. E anche in questo caso fa tenere molto alta l’asticella della proposta: Sasha Waltz, per esempio, presenta una serata con i ragazzi di Biennale College Danza, mettendo in scena il suo adattamento di ‘In C’ di Terry Riley. ‘Concepito come un’interpretazione variabile della composizione’, spiega il curatore, ‘si tratta di un sistema sperimentale di cinquantatré figure coreografiche per un’improvvisazione strutturata con regole e leggi chiare: una sequenza dinamica e modulare che indaga il dialogo tra danza, musica e spazio, sia nel dominio digitale sia nella vita reale’.
Innumerevoli le presenze di gran pregio e ricercatezza internazionale, con aperture verso il teatro e l'arte. Ci sono anche i due italiani di KOR’SIA, madrileni adottivi e innovatori cult, con il nuovo ’Simulacro’. Parlando soltanto dei lavori co-commissionati dalla Biennale Danza stessa, spicca l’anticonformista della danza William Forsythe, che per l’occasione collabora con Rauf ‘RubberLegz’ Yasit, Brigel Gjoka, JA Collective di Aidan Carberry e Jordan Johnson, Matt Luck e Riley Watts in un nuovo lavoro sulle origini di danza popolare, hip hop e balletto. Colpaccio d’apertura verso l’orizzonte della parola, il Leone d’Argento va alla brasiliana Carolina Bianchi, che porta a Venezia il nuovo ‘Brotherhood’ sulla mascolinità tossica, secondo atto della sua choccante trilogia dalla parte delle donne.
Senza ammorbare con un’altra sequenza di nomi maiuscoli in cartellone, l’ardire di McGregor si vede anche solo sfogliando gli eccellenti cataloghi delle sue Biennali, dove si fa notare in apertura la gemma del piccolo saggio di una poetessa internazionale invitata a esprimersi sul tema della rassegna. Jennifer Higgie aveva scritto un bellissimo testo ecologista, Claudia Rankine una sorta di manifesto della rivola sociale e quest’anno è la volta di un curioso ‘Sfidare l’abisso’ di Yasmine Seale. Forte della sua conoscenza della lingua e delle culture arabe, Seale muove dal tema della metafora (e dell’inciampo in questa figura retorica nelle letterature classiche orientali) per arrivare a esprimere il perfetto controcanto all’ambiziosa proposta mitopoietica di questa Biennale. Vedi citazione in nota (1).
Quasi con una spiazzante capriola finale, il curatore ha affidato lo spettacolo clou della rassegna a un personaggio ormai quasi pop come Marcos Morau, ingaggiato con la sua compagnia La Veronal per ‘La Mort I La Primavera’, coreografia originale basata sull’opera postuma dell’autrice catalana Mercè Rodoreda, esule antifrachista dalla vita travagliata, che ‘costruisce un’allegoria della libertà creativa, dell’impegno sociale e della capacità dell’arte di offrire salvezza e rifugio per affrontare l’angoscia del ciclo creazione-distruzione in cui siamo immersi’. Ora, è vero che con La Veronal in questi quindici anni di folgorante carriera Morau ha firmato anche lavori di grande impatto, e il riferimento molto engagé alla Rodoreda fa pensar bene, ma nelle ultime stagioni si è un po’ inflazionato, su scala addirittura europea.
NOTA (1) LE ULTIME PAROLE DI SEANE
(…) L’Illuminismo non ha davvero abolito i vecchi miti; piuttosto, li ha sostituiti con altri nuovi che ora stanno crollando sotto la pressione di catastrofi convergenti. La plastica nei ventri dei pesci abissali squarcia la favola della crescita infinita che alimenta il mondo industriale. Le schegge nei crani dei bambini palestinesi fanno saltare ogni pretesa di un ordine fondato sulle regole e sulla dignità della vita. Di fronte alla logica dell’usa e getta, a quali nuove storie possiamo dare forma? Quali miti per un’età di mostri?
(Dal catalogo della Biennale Danza 2025, pag 34-35)