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Una bella festa balcanica di fine LIFE ci stava proprio bene. E un po' di legittimo orgoglio per Zona K pure

Il cast di 'Negotiating peace' in scena

 Si è forse detto già tutto, ampiamente e profondamente, di Zona K e della coraggiosa iniziativa di lanciare un nuovo festival multidisciplinare e d’attualità, LIFE, alla fine di una bella primavera teatrale a Milano?  

 Il dubbio viene persino notando il modo insolito con cui è finito tutto, dinanzi a una cinquantina di appassionati sul marciapiede davanti al Teatro Out Off, la sera canonica dell’inizio dell’estate, con quei saluti già venati di malinconia che parlano da soli sulla riuscita di una rassegna che reca pur sempre nell’insegna etimologica la caratura di festività e di ricorrenza piacevole. 

 Forse contribuivano a rendere dolceamaro il distacco quei due camioncini con le targhe della Repubblica del Kosovo parcheggiati lì davanti, pronti a riportare la troupe con i materiali di scena di Qendra Multimedia a Prishtina, nella sede al quartiere Dardani, reduci da due repliche molto applaudite e festeggiate, di ’Negotiating Peace’ del drammaturgo Jeton Neziraj

 Qualche spettatore molto competente ricordava che la marcia in più della stagione teatrale milanese era stata innestata al Piccolo Teatro dal debutto europeo del nuovo ‘Il Vertice’ di Christoph Marthaler e che questa strepitosa commedia kosovara di Neziraj, sulle trattative diplomatiche internazionali che hanno in qualche modo pacificato l’esplosiva area balcanica, poteva rappresentarne benissimo il rovescio complementare.

 E’ stato un gran bel colpo sparato alla fine del festival LIFE, questo ‘Negotiating Peace’, purtroppo a cavallo tra uno sciopero dei mezzi pubblici e il primo sabato bollente di fughe da Milano per il weekend. Non è che si può sempre vedere il tutto esaurito come per  Agrupación Señor Serrano e la dimensione vera e propria delle sale teatrali, dove si è svolta l’ultima parte del festival con appuntamenti d’altissimo livello internazionale, mostra i vuoti con una certa spietatezza. 

 Eppure è stato importante che Zona K abbia coinvolto in LIFE due teatri ‘minori’ tra i maggiori di Milano, Fontana e Out Off, che non a caso stanno vivendo una fase di ridefinizione editoriale e in qualche modo pure generazionale, dichiarata fin dalla scelta di una nuova figura alla direzione artistica, Ivonne Capece, nel caso della grande sala nel quartiere Isola, e appena accennata con alcune felici scelte nel finale di stagione all’Out Off.

 Bisognerebbe poi aprire a parte il tema di come sia concentrata e sclerotizzata in poche mani - e quali e di quali generazioni - un’enorme quantità di risorse economiche pubbliche che vengono messe a disposizione dei teatri di Milano e intercettate giusto per le briciole da associazioni culturali come Zona K, che dimostrano invece fattivamente da anni di saper guardare in modo così preciso alla scena internazionale e al rinnovamento dei linguaggi. 

 In ogni caso, le ‘cattive ragazze’ di Zona K sembravano comunque contente di aver concluso bene una sfida tale quale era una nuova rassegna artistica d'attualità a Milano, che è poi sembrata, a chi ha avuto la fortuna di poterne seguire vari appuntamenti, bene articolata, coerente e fortunata.

Eppure, alla fine, dall'equipe quasi interamente al femminile di Zona K si sono un po' tutte limitate a salutare e ringraziare prima di sparire nella notte dell’estate, senza metterci nessuna enfasi particolare, senza far seguire nessun comunicato autocelebrativo e senza i bla-bla del dopo.

 Non è obbligatorio apprezzare questo genere di proposte che mescolano al teatro vari linguaggi contemporanei per incidere con un taglio preciso sulla realtà e sul presente. E non si può negare che ci sia pure quel certo 'carico ideologico', come dicono i ministri del governo Meloni a proposito delle sentenze della magistratura che non ripetono ‘bene, bravi, bis’ a ogni legge o provvedimento.

  Si è già notato, a proposito della prima parte di LIFE alla Fabbrica del Vapore, e in particolare degli appuntamenti di richiamo con i bolognesi Kepler-452 piuttosto che con i belgi di Ontroerend Goed, che questo festival ha avuto il merito di rimettere in gioco senza proclami o manifesti, ma nei fatti, proprio il tema centrale, e tanto dimenticato, del rapporto con il pubblico del teatro, ridotto perlopiù - quando va bene - a una questione di marketing. 

 Di certo una rassegna che si è aperta con l’installazione di critica feroce del consumismo ‘Everything must go’ dell’artista olandese Dries Verhoeven, e si è chiusa con un mirabolante happening balcanico sull’ipocrisia della politica internazionale, ha come d’un colpo spolverato via dal teatro tutta quella soffocante coltre d’intrattenimento borghese, tutte quelle pretese pseudo-artistiche, tutta la spocchia intellettualistica e i toni divistici a cui purtroppo siamo tristemente abituati.

 Buon’estate, dunque, alle cattive ragazze di Zona K, con un autentico 'grazie ancora grazie' dagli appassionati per il primo LIFE. E - in attesa di capire se il festival sarà un appuntamento annuale, o invece magari solo biennale, anche per non sovrapporsi al kolossal ‘Presente Indicativo’ del Piccolo - che ci preparino una gran bella nuova stagione 2025/26.  

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