" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Allora, la vogliamo fare finalmente una benedetta polemica sul teatro di realtà e su chi sono poi i cattivi?!?

Boris Nikitin in ‘Magda Toffler or an Essay on Silence’ (foto di Donata Ettlin)

 ‘Gli altri. Indagine sui nuovissimi mostri’ è una sorta di cavallo di battaglia di Kepler 452, forse fino ad oggi lo spettacolo più rappresentato della sempre più nota compagnia bolognese del teatro politico di realtà. Risale al momento della ripresa da Covid, nel 2022, e in qualche modo offre una più immediata e divertente fruizione rispetto al successivo gioiello malinconico e toccante, ‘Album’, che è del ’23 e solo ora, pian piano, si sta ritagliando lo spazio che merita, cominciando a ricevere pure i primi prestigiosi inviti all’estero. 

 Sul piano del contenuto vero e proprio, ‘Gli altri’ va a centrare il tema della nostra fragilità nel mondo del risentimento social-mediatico, a partire dalla ricostruzione del tentativo di raccontare la storia del pizzaiolo Mario che a Lampedusa gridò gli insulti peggiori all’indirizzo di Carola Rackete, fatta sbarcare in manette dalla Sea-Watch, nell’estate del 2019, salvo poi pentirsene quasi subito e chiedere scusa a mezzo stampa. 

 Nella produzione di Kepler 452 ‘Gli altri’ si può situare agli albori del ‘ciclo maggiore’ che ha segnato l’affermazione della compagnia bolognese. S’intende la fase in corso, in questo stesso periodo, dove si è avuta la maturazione dei due spettacoli più importanti, ‘Il Capitale’ e ‘A place of safety’, di grande impatto e di forte richiamo, non solo nazionale, inframmezzati appunto da quell’esperimento quasi perfetto di conversazione teatrale che è ’Album’.

Visto con il senno di poi, nel 2025, questo spettacolo di tre anni fa costituisce anche la vera e propria tappa di avvicinamento al tema dei soccorsi ai migranti nel Mediterraneo.

 Nel frattempo, peraltro, il frontman Nicola Borghesi ha consolidato anche la sua variegata esperienza di scena con alcune collaborazioni ‘esterne’. L’impegno più recente, con un aut-attore giovane ma già affermato come Niccolò Fettarappa, s’intitola ‘Uno spettacolo italiano’, ed è il paradossale racconto della clamorosa conversione a destra di due comici della sinistra militante (nei titoli si cita anche un ‘contributo intellettuale di Christian Raimo’), e sbarcherà addirittura al grande Festival de l’Unità di Modena. 

 Anche il regista co-autore Enrico Baraldi, che con Borghesi costituisce l’asse portante della compagnia, ha fatto fortunate esperienze in proprio: questa libertà di manovra evidentemente contribuisce a dar respiro a entrambi, lasciando - s’immagina - forse anche un certo spazio agli altri ‘kepleriani’. Il cielo lassù sopra Bologna, peraltro, non è mai così fisso: partendo dal primo esempio, il braccio operativo della compagnia, Roberta Gabriele, oltre a fare il producer lavora in alcuni spettacoli come aiuto regista.

 Il compagno stesso d’avventura di Borghesi negli ‘Gli altri’, Andrea Bovaia, che sul libretto di lavoro ex Enpals si sarà registrato, in quanto ‘macchinista’, ai codici sopra il 100, in questo caso, come in ‘Album’, compare alla voce ‘ideazione tecnica’ in locandina, subito sotto alla riga sulla drammaturgia. Ché poi Bovaia, viene pure citato in scena da Borghesi, sempre alla ricerca di trovate per sbriciolare ‘la quarta parete’, e additato al pubblico come autore-suggeritore di una delle battute più efficaci della pièce.      

 Dove poi Borghesi trovi tutte le energie, anche solo per consumarsi così ne ‘Gli altri’, è un mistero che forse si spiega con la particolarissima ‘normalità’ con cui si lascia avvicinare a tu per tu dopo lo spettacolo, chiacchierando e scambiando saluti con tutti, come se ciascuno fosse davvero importante.

 Si ferma a mangiare una pizzetta al buffet con i ragazzi che hanno magari seguito fino a tre ore prima la sua master-class, com’è successo a Lomazzo nella replica d’inizio giugno. Spegne la sigaretta in cortile per rispondere soddisfatto alle educatissime signore che vorrebbero invitarlo a Erba ma, soprattutto, sognano di poter assistere alla prossima ripresa di ‘A place of safety’, in autunno, nel contesto del Festival del Mediterraneo di Montpellier. 

 Tra l’altro questa replica de ‘Gli altri’ a Lomazzo offre ai viandanti teatrali anche l’occasione d’incontrare Dimore creative, una bella realtà culturale di quella Lombardia di mezzo tra Milano e Como, tra Italia del profondo nord e Svizzera ticinese, con un tessuto sociale ancora vivace, dove la prosperità non sembra aver fatto tabula rasa dello spirito d’intraprendenza a 360 gradi.

 Dimore creative è una sorta di collettivo giovanile di appassionati di teatro, musica e arti varie, che organizza due piccole programmazione di qualità (una solo per i più piccoli, l’altra generalista) e varie iniziative di formazione. Tutto, sia chiaro, con quello spirito d’apertura reale al pubblico che i nostri teatri hanno completamente dimenticato: l’ultimo atto prima delle vacanze estive è precisamente quello di presentare e mettere in discussione con chiunque voglia partecipare la programmazione della prossima stagione.

 Si fa notare per standing anche il singolare spazio post-industriale che i ragazzi di Dimore creative hanno a disposizione, in co-abitazione con uno stilista di tendenza che ha qui l’atelier e show-room, proprio di fronte all’edificio dove ha sede l’Innovation Hub ComoNExT, a pochi metri da una Trattoria contemporanea che si è guadagnata la stella Michelin. 

Nicola Borghesi con cellulare in mano ne 'Gli altri'. Alle spalle le immagini del telegiornale sugli insulti urlati contro Carola Rackete nel porto di Lampedusa, nel giugno del 2019

 Per tornare a ‘Gli altri’, è un racconto di realtà che poggia la sua forza sulla non banalità del giudizio morale: in fondo sarebbe facile mettere in croce gli odiatori di Carola, o gli stessi suggeritori politici di queste ondate emotive (Salvini non viene nemmeno nominato), quasi come raccontare la biografia di Hitler o Mussolini per ribadire quanto siano stati i Peggiori Cattivi.

  Se il titolo ‘Gli altri. Indagine sui nuovissimi mostri’ fosse stato sic e simpliciter ‘Gli altri’ avrebbe indotto all’aggiunta di ‘siamo noi’ per facile automatismo canzonettistico. E lo spettacolo propone proprio il tentativo di allargare a tutti, e direttamente ai presenti, il suggerimento di una riflessione profonda su quanto i social-media ci stiano cambiando e su quanto risentimento ormai giace insepolto dentro ciascuno di noi.

Gli altri, ai quali facilmente attribuiamo i peggiori comportamenti, addirittura 'mostruosi', siamo appunto anche tutti noi.

 Borghesi fa vivere il testo con la massima naturalezza, seppur nell’altalena più impegnativa tra divertimento e indignazione, provandosi anche a calare nei panni dell’insultatore da banchina di Lampedusa.

Il meccanismo narrativo poggia sul racconto trasparente della costruzione dello stesso spettacolo, ma non è propriamente meta-teatrale, forse soltanto post-teatrale, basandosi anche così apertamente sul dialogo diretto con i presenti.

 Ecco, un buon programmatore teatrale, magari il prossimo nominando direttore di ERT Emilia Romagna Teatro - si parla di Elena Di Gioia, che conosce molto bene Kepler 452 avendo lavorato a Bologna in Comune proprio nel settore cultura e spettacolo -, potrebbe organizzare un’opportuna mini-rassegna con ‘Gli altri’, ‘Il Capitale’, ‘Album’ e ‘La Zona Blu’. Quest’ultimo è poi il diario di preparazione di ‘A place of safety’, spettacolo kolossal di complesso allestimento, prevedendo anche la presenza in scena di soccorritori che devono arrivare da mezzo mondo in un momento in cui non sono in mare con le rispettive Ong.

 Per dare pane al pane e vino al vino, ‘Gli altri’ è firmato da Nicola Borghesi con il drammaturgo Riccardo Tabilio, che con lo stesso Borghesi e Baraldi ha scritto anche ‘Album’. Classe 1987, nato a Riva del Garda, eclettico autore formatosi tra Milano e Bologna, Tabilio è stato dal 2020 un nome di casa a Zona K, contesto in cui ha avuto addirittura occasione di collaborare con Rimini Protokoll - il collettivo tedesco punto di riferimento anche di Kepler 452 - in un progetto varato a Milano per questa vivace associazione capofila del rinnovamento e del post-teatro documentario e politico. 

 Il 10 giugno, proprio nell’ex garage in zona Isola dove ha sede il bel gruppo di ‘Kattive ragazze’, nell’ambito della seconda parte del nuovo festival LIFE, il regista d’origini ucraino-slovacche Boris Nikitin è stato invitato a riprendere il suo ‘Magda Toffler or an Essay on Silence’.

E' un singolare racconto a metà strada tra la ricerca personale sulle origini ebraiche della nonna Magda e un piccolo Saggio sul Silenzio assoluto con cui fu accolto il discorso di Himmler a Poznan sull’obiettivo dell’annientamento della razza ebraica, rivolto a una quarantina di comandanti delle SS, in un momento del ’43 in cui era già evidente che i nazisti avrebbero perso la guerra.  

 Nikitin, che è di casa a Basilea, ha cominciato a preparare questo lavoro mentre portava in scena uno spettacolo con due performer, ‘Imitation of Life’, esplicitamente costruito per svelare la trappola del cosiddetto ‘teatro di realtà’ alla Rimini Protokoll.

E così ha preso corpo anche in Magda Toffler questa polemica tutta interna al mondo della scena, soprattutto germanofona, dove del resto ci si è accapigliati per anni intorno all’affermazione del ‘Postdramatisches Theater’. 

 In sostanza, l’accusa di Nikitin è relativa all’essenza stessa di non-verità del ‘teatro di realtà fatto con la realtà’, trattandosi di un’operazione comunque artefatta che si dichiara paradossalmente autentica. Contro queste pettinature della realtà Nikitin si spende in scena personalmente, dichiarandosi un non attore e leggendo seduto il suo racconto con due semplici spostamenti di sedia, spesso a testa china o ad occhi chiusi: il grado zero, o quasi, della rappresentazione.     

 Certo così, in questo apparente non-modo, l’efficacia del saggio sul silenzio, raddoppiato dalla ricostruzione del tenace nascondimento delle origini ebraiche da parte della nonna, risulta davvero inquietante, a freddo. E in questo caso ha un senso pieno la riduzione maniacale della teatralizzazione, per evitare l’auto-fiction. 

 Resta il dubbio di fondo legato alla stessa 'convenzione di realtà' tradizionale del teatro con il pubblico, tale per cui, nonostante la rinuncia assoluta all'artefazione e la scelta totale di un post-teatro, Nikitin stesso potrebbe aver fatto un lavoro d’invenzione e il risultato sarebbe altrettanto efficace.

Ancora, in definitiva persino il grado zero della rappresentazione può essere letto comunque come un inganno o un trick per rendere ancora più assolutista il racconto.

 Sembra di voler saltellare di palo in frasca, da ‘Gli altri’ a Nikitin attraverso la Zona K. E invece è particolarmente lodevole che siano proprio coloro che più si sono spesi per il rinnovamento e la sprovincializzazione portando in Italia il meglio del teatro europeo documentario e di realtà, a porsi degli interrogativi autocritici.

In attesa della risposta che hanno dato alla domanda sulla verità e la finzione gli Agrupación Señor Serrano in’The Mountains’, una costruzione davvero incantevole, che si potrà rivedere, sempre nell'ambito di LIFE, il 17/18 giugno al Teatro Out Off.             

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