

Sì, la Danza è tutto un Post, facciamocene una ragione. Diario veneziano della Stra-Biennale McGregor 2025 (1)
04.08.2025
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Dopo averla vista in scena nell’ultimo assolo al Teatro delle Tese dei Soppalchi, nessuno può avere dubbi che la stupefacente Tânia Carvahlo, portoghese amatissima in Francia, faccia qualcosa di assolutamente unico e proprio suo, come creazione, che incorpora elementi del teatro, del mimo, del cinema e della pittura.
Tra echi da accoppiata Buñuel-Dalì e con una forza performativa straordinaria, questo nuovo ‘Ventre do Vulcão’ - come ha ben detto il direttore s.s.s. (sempre sia lodato) di Biennale Danza Wayne McGregor - ‘fonde la precisione classica con elementi espressivi, caotici e teatrali, rispecchiando l’imprevedibilità della vita’.
In realtà non balla da sola nemmeno la mitologica artista, che firma anche le musiche. Di vulcanico lo spettacolo ha sicuramente un disegno di luci e una direzione tecnica impeccabili, che richiama - e non solo per livello - i picchi del Maestro appena scomparso Bob Wilson, merito dell’affiatamento di Tânia con il tedesco Anatol Waschke.
Tânia Carvahlo, peraltro, incontrata casualmente dopo lo show con asciugamano sulle spalle che aspetta la golf-car per andare a far la doccia negli spogliatoi vicini alla Sala d’Armi, appare anche una bella persona, normale, che non ha niente a che spartire con lo stereotipo dell’artista che s’impanca tale, nonostante sia ormai un vero personaggio in Francia, e a Parigi in particolare.
A breve è attesa al Musée des Beaux-Arts di Lione con ‘Tout n’est pas visible, tout n’est pas audible’, prima di una doppia celebrazione del compositore Pierre Boulez, che la vedrà guidare una quarantina di studenti di danza, selezionati tra i migliori delle scuole di Lione e di Parigi, in un’inedita collaborazione tra Biennale de Lyon e Festival d’Automne-Paris, dove l’evento verrà ripetuto al Musée d'Art Moderne che ospita, tra l’altro, le due prime versioni de ‘La Dance’ di Matisse.
Carvahlo a Venezia ha risposto così alla domanda che il curatore ha rivolto a tutti gli artisti nel Catalogo sul valore dell’incontro nelle arti: ‘La danza opera nello spazio dell’inconscio, dove il senso è percepito piuttosto che spiegato, e dove i confini fra l’Io e l’Altro, il prima e l’ora, si dissolvono in pura presenza’.
Molti scritti di un certo interesse si possono leggere sul già lodato malloppo che celebra su carta questa ‘Creatori di miti’, edizione 2025 di Biennale Danza. E sempre a proposito del valore di opera collettiva che nel mondo della danza contemporanea è più evidente che in altre discipline, bisogna davvero ammirare la capacità di relazione e di collaborazione che mostra Wayne s.s.s. McGregor.
Al bel volume dorato che racconta così bene questo Festival, per esempio, giova certamente tantissimo l’apporto di Uzma Hameed, scrittrice, regista e drammaturga inglese che ha fondato The Big Picture, una compagnia che ha contribuito in modo decisivo a valorizzare gli attori asiatici britannici.
Dal 2015 Uzma lavora con McGregor, e ha firmato anche la drammaturgia di alcuni balletti liberamente ispirati alla grande letteratura, cominciando con Virginia Woolf e arrivando fino all’omaggio alla Divina Commedia di Dante.
Per Biennale Uzma Hameed quest’anno ha incontrato alcuni degli artisti di primissimo piano e bisogna dire che, per esempio, la sua intervista con Carolina Bianchi offre un’ammirevole varietà di spunti d’approfondimento, a partire dalla citazione degli studi sulla ‘Contro-pedagogia della crudeltà’ maschile in Sudamerica dell’antropologa argentina Rita Laura Segato, un testo di riferimento del post-femminismo radicale.
Uzma si sta affermando anche sulla scena letteraria con la mini-serie di novelle ‘Undying’, ambientate nel mondo della comunità musulmana inglese, scritte con la sorella Ambreen Hameed, affermata documentarista e produttrice della tv britannica, già autrice di altri romanzi.
Sempre in tema di forza delle collaborazioni e ancora a proposito di eccellenze che gravitano intorno allo Studio McGregor, ha fatto davvero colpo la performance dei post-punk inglesi Bullyache, ovvero Courtney Deyn e Jacob Samuel, chiamati di recente come artisti residenti nella factory del direttore a Londra.
Lo spettacolo ‘A Good Man Is Hard to Find’ era intenzionalmente di un anticapitalismo dichiarato e radicale, e addirittura su ‘Le Monde’ è stato ricoperto di elogi proprio per lo stile ‘brut’.
I Bullyache mettono sotto accusa i protagonisti della crisi finanziaria globale del 2008, a partire dalla ricostruzione di un rituale segreto che una confraternita di potenti del mondo tiene ogni anno alla Cremation of Care al Bohemian Grove, in California, per bruciare un simulacro del senso di colpa.
Courtney e Jacob suonano anche dal vivo la musica composta per i cinque performers che animano il lavoro, ma non si può non notare nei credits di 'A Good Man is Hard to Find' la firma come Tutor della regista Katie Mitchell.
Personalità di prim’ordine del teatro, Mitchell sta già lavorando all'allestimento della prima produzione inglese de 'L'Affare Makropulos' per il nuovo direttore musicale della Royal Opera, il cecoslovacco Jakub Hruša. Presentandosi alla stampa lo stesso Hruša ha annunciato che per le prossime stagioni intende puntare particolarmente proprio sull’accoppiata Mitchell-McGregor.
Un accenno soltanto a ‘Simulacro’, il nuovo spettacolare lavoro dei ‘nostri’ Kor’sia, coprodotto da Biennale Danza stessa e presentato il 20 giugno al Centro de Cultura Contemporánea Conde Duque di Madrid, un gioiello che segna la definitiva maturazione di questo collettivo di casa nella capitale spagnola.
Partiti dalla Campania e dalla Puglia per arrivare come ballerini ai palcoscenici dei grandi teatri, alla Scala in primis, Mattia Russo e Antonio De Rosa hanno fatto fortuna come creatori in Spagna e ormai in mezza Europa: soltanto nel 2025 hanno inanellato ben quattro prime di nuovi lavori!
Con impegno e costanza, i Kor'sia hanno via via perfezionato un’attitudine particolare di racconto, che nasce con il linguaggio della danza contemporanea e si alimenta di forza teatrale.
In attesa di riparlare bene di questo ’Simulacro’, si può citare il solo esempio del memorabile incipit, senza spoilerare troppo: il nuovo spettacolo sorprende subito, con un’immagine d'impatto che regge la prova del confronto con qualunque Angelo della Storia da riveriti guru del post-drammatico e del teatro-danza.
Attenzione, anche i Kor'sia sono degli autentici artigiani tuttofare della scena, capaci di amalgamare un gruppo di lavoro molto ben armonizzato e di alto livello, a partire da una dramaturg come Agnès López-Río, che è anche professoressa di Analisi e Pratica del Repertorio della Danza Contemporanea al Conservatorio a Madrid. Antonio e Mattia, poi, firmano volentieri le coreografie con gli stessi eccellenti e diversi danzatori.
Le musiche originali, come per gli ultimi ‘Idra’, ‘Mont Ventoux’ e 'Bronia', arrivano dallo studio in Barcellona di un eclettico compositore producer e DJ galiziano-portoghese, Alejandro da Rocha.
E per l’eccezionale impianto scenico hanno lavorato con Amber Vandenhoeck, un fiammingo di Anversa, con cui i Kor’sia avevano già allestito un’apprezzata versione di ‘Giséle’ e altri spettacoli.
In questo ’Simulacro’ alcuni effetti delle luci giocano un ruolo chiave e creano il culmine narrativo che ribalta in platea il gioco dei protagonisti e precede la catarsi. Vandenhoeck collabora da anni anche con Gabriela Carrizo per Peeping Tom, porta la sua firma anche la scena del nuovo ‘Chroniques’.
Quanti eccellenti professionisti garantiscono il successo di un Festival come questo nuovo veneziano di danza! Si rischia di continuare ancora un po' a enumerarli per l'elogio: mancano ancora tre giorni di appuntamenti da non perdere.