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09.10.2024
Stavolta Jan Lawers alla Staatsoper di Vienna vuole tirare proprio uno scherzo cinico
Saremo pure gli ultimi a poter dire di aver scoperto e amato Jan Lawers, ma non vorremmo perdere nessun spettacolo targato Need Company, la compagnia di Molenbeek che fa riferimento a questo regista e autore di prim'ordine.
Purtroppo è quasi impossibile vedere in Italia persino le produzioni teatrali più 'povere' di Need Company, come le ultime antologiche su Shakespeare, per non dire dei singolari allestimenti d'opera e di musica contemporanea di Lawers ('Intolleranza 1960' per il festival di Salisburgo piuttosto che 'Amopera' con i Klangforum).
Forse, in questo caso, il problema è da un lato il livello culturale delle proposte, dall'altro l'eccellenza sul piano dello spettacolo, che al confronto fa impallidire il kolossal tipo del regista medio da grande lirica.
Chi se lo può permettere, beato lui, non mancherà il prossimo appuntamento di Need Company alla Wiener Staatsoper, che si è affidata a Lawers e al valentissimo direttore d'orchestra spagnolo Pablo Heras-Casado, per un nuovo allestimento di ‘Le Grand Macabre' di György Ligeti.
La prima, sold-out da settimane, è per sabato 11 novembre 2023, alle 19, seguiranno altre quattro repliche.
Fortunatamente l'Opera di Stato della capitale austriaca riproporrà la rappresentazione del 19 novembre 2023 anche in livestream. Del resto, parliamo dell'istituzione teatrale più importante della città europea di riferimento per la scena musicale alta.
Quanto potrà essere intrigante la visione, per quella sorta di leggerezza intelligente e per quella capacità di coinvolgimento del pubblico che sono la cifra abituale di Lawers, lo s'intuisce già dal testo che il regista belga ha scritto per la presentazione. Eccolo.
Cynical Scherzo di Jan Lawers
Gli armageddon profetizzati generalmente deludono. Nella sua unica opera, ‘Le Grand Macabre’, György Ligeti ha creato un grande e discorsivo teatro del mondo, in cui la pura e semplice condizione umana, con tutte le sue pulsioni e debolezze, è la causa di un’apocalisse imminente.
In un’immaginaria e corrotta terra di latte e miele - Breughelland, una visione di golosità, ubriachezza e lussuria - un giorno arriva la Morte, altrimenti nota come Nekrotzar o il demoniaco Grand Macabre, per annunciare l’imminente distruzione del mondo e della frivola umanità. Tuttavia, sedotta dai piaceri della vita, che non conosce, l'unica persona a morire alla fine è Nekrotzar stesso.
Tutti gli altri giungono alla conclusione che la loro temporanea sopravvivenza debba essere utilizzata per continuare il loro precedente stile di vita.
Presentata per la prima volta il 12 aprile 1978 alla Royal Opera House di Stoccolma, ‘Le Grand Macabre’ si rivelò un capolavoro, fino a diventare non solo un’opera centrale nella produzione del compositore austro-ungarico, ma anche ad affermarsi definitivamente nel repertorio mondiale.
Con distanza ironica, alienazione e coerente ambiguità che ‘prende ciò che è serio in modo umoristico e ciò che è comico in modo mortalmente serio’, il tema di base dell’opera - la necessaria sospensione della paura e il trionfo dell'eros - viene sviluppato davanti agli occhi e alle orecchie del pubblico.
Ispirato da Kafka, Jarry, Herzmanovsky-Orlando, dal Faust di Goethe, dai drammi gialli medievali, ma anche dalla Pop Art e da Hieronymus Bosch, Ligeti voleva con ‘Le Grand Macabre’ creare ‘un evento comico e dai colori vivaci, in cui i personaggi e le situazioni sceniche dovevano essere diretti, brevi, non psicologici, sorprendenti e comunque del tutto sensuali’.
La sua fonte era stata la commedia del 1934 ‘La Balade du Grand Macabre’ di un belga, Michel de Ghelderode. Perciò esplicitamente l’opera porta un titolo francese nel libretto originale scritto in tedesco, che il compositore ha composto insieme al regista e burattinaio Michael Meschke.
Ligeti - che è fortemente sinestetico, associando colori e forme e persino macchinari e attrezzature fisiche alla musica, e viceversa suoni e rumori a colori, parole e lettere - cercava anche in ‘Le Grand Macabre’ la fusione totale di azione e musica, un evento scenico attraverso la musica.
Va notato che si tratta di una musica volutamente bizzarra ed ‘esagerata’, caratterizzata da un’orchestrazione decisamente irregolare. Oltre al numero relativamente ridotto di archi, che rappresentano l'elemento lirico, l'orchestra comprende una tromba bassa, un'armonica, fischietti, sei campanelli e (non ultimo) 12 corni di automobile in diverse tonalità, che aprono l'opera come una fanfara e simboleggiano il mondo corrotto e ingovernabile di Breughelland, ricordando anche la toccata monteverdiana che apre ‘L’Orfeo’.
La partitura è arricchita e alienata da citazioni della musica classica europea. Ligeti, che non si sentiva legato ad alcuna tradizione, preferiva chiaramente la musica lirica romantica, in particolare Verdi, Rossini, Offenbach, Rameau, Monteverdi, Mozart, Liszt, Schumann, Schubert e Stravinski, rispetto ai ‘concetti da dramma musicale di Wagner, Strauss e Berg’, che rifiutava proprio.
Ligeti ottenne un colore aggiuntivo attraverso la fusione di ciò che descriveva come musica popolare artificiale, gli stili più diversi di materiale - sambas brasiliani, flamencos andalusi, ritmi bulgari, verbunkos ungheresi.
Tutto questo è tenuto insieme da una gestione giocosa delle forme storiche di composizione. Ad esempio, utilizza corali, canoni a specchio, bourrée perpétuelle, passacaglie e ostinati.
Nella sua forma generale, l'intera opera è concepita come un gigantesco Bar dei Meistersinger, con le prime tre scene come Stollen (strofe) di lunghezza simile, e la quarta come un Abgesang (canto finale) più breve.
Sulla base dell’esperienza della pratica di palcoscenico nella produzione quotidiana dell’opera e della prima serie di rappresentazioni internazionali, Ligeti ha rivisto la partitura nel 1996, riducendo il numero di passaggi parlati, rielaborando interamente molti luoghi e alcune parti della strumentazione.