" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

'Abbiamo bisogno di nuovi comandamenti' è la fumata rossa uscita dalla Fabbrica del Vapore di Milano occupata da LIFE

Particolare di scena da 'Everything must go' di Dries Verhoeven a LIFE

 Non è affatto facile sparare come colpo d’apertura di un nuovo festival in Italia una prima assoluta di arte perfomativa, con tanto di critica radicale della contemporaneità, firmata dall’olandese Dries Verhoeven con il titolo ‘Everything must go’.

- S’intende un po’ come ‘deve sparire tutto’ dagli scaffali del supermercato ricostruito, al centro di una grande stanza buia dominata da apparati di video-sorveglianza in funzione, dentro una teca dove una performer vestita da Biancaneve con una maschera da maiale, agisce l’esproprio di protesta contro il nuovo regime del consumismo liberista, con un monologo punteggiato di citazioni colte militanti, da Karl Marx a Slavoj Žižek, piuttosto che da Jean Genet a Ruben Östlund.   

 ‘…Non uccidere, non rubare, non mentire, giusto? Abbiamo bisogno di nuovi comandamenti. Non volare…non curarti dei tuoi azionisti più dei tuoi vicini. Queste sono le cose che aiuterebbero. Non abusare…Non abusare del tuo monopolio…’ -

 Verhoeven, che in Italia non è poi nemmeno così conosciuto - s’affacciò giusto al Festival di Santarcangelo nel 2019 -, è un artista di Oosterhout, classe 1976, che è stato appena scelto per rappresentare il suo Paese alla prossima Biennale dell’Arte 2026 di Venezia (1).

Alla voce ‘about’ del suo sito, Dries scrive di sè: ‘lavora all'intersezione tra arti visive e dello spettacolo. Crea installazioni, spettacoli e interventi pubblici che esplorano criticamente i temi dello spettatore, le fessure nella società contemporanea, la vulnerabilità collettiva e le dimensioni mito-poietiche della crisi. Destabilizzando i confini tra osservatore e partecipante, Verhoeven crea spazi in cui gli spettatori affrontano la loro complicità nei sistemi di potere, la loro ambivalenza verso le realtà mediate e i fragili fili che collegano l'agire individuale alla responsabilità collettiva’.

 Se poi, oltre a questa inquietante tre giorni di perfomance a ripetizione d’invito a ribellarsi contro il pensiero dominante delle varie ‘Essebella’, si considerano: la riproposta di due lavori del libanese Rabih Mroué, autore di particolarissime conferenze-spettacolo d’attualità, insieme ironiche e crude, sul 'suo' Medioriente in fiamme; e la presentazione di una mostra fotografica di Prospekt sull'apertheid dei palestinesi a Gaza prima della guerra di distruzione in atto...

Beh, che cosa si potrà mai dire alle così intraprendenti associate di Zona K di questo nuovo ‘Theatre Arts Media Festival’ che hanno lanciato il 7 maggio alla Fabbrica del Vapore con il logo di LIFE?

 Per mettersi in testa di organizzare da zero, nella post-opulenta Milano in piena crisi d'identità, un’iniziativa di politica culturale così forte e anche così tutta da discutere, le Valentine e le valenti socie devono aver interiorizzato il titolo del manualetto di self-help ‘Ogni giorno più cattive’, con cui Ute Ehrhardt ha tentato di replicare il successo de ‘Le buone ragazze vanno in Paradiso, le cattive dappertutto’.

 Eh sì: Kastlunger&Picariello and Co. sono per l’appunto decisamente con lo sguardo sempre ben rivolto a quel ‘dappertutto’ non soltanto di luogo, ma anche di generi e di linguaggi, che dovrebbe pur essere l’orizzonte guida di chi opera nella cultura (anche se in realtà - come ben noto -, soprattutto nelle istituzioni, non è affatto più così).  

 E queste sono soltanto le prime giornate della prima parte di LIFE - già, le Kappa sono ‘malvagie’ così razionali che spacchettano tutto per bene, l’ultima stagione 'Geografie' era divisa in tre! -, che si tiene fino al 19 maggio nel grande spazio pubblico ex industriale quasi di fronte al Cimitero Monumentale: la seconda tranche, dal 4 al 21 giugno, s’allargherà nelle sale dei teatri Fontana e Out Off, oltre che nell’ex garage nell’Isola dove ha sede l’Associazione. 

 In attesa di godersi la straordinaria infilata della settimana che porterà a Milano anche i più scintillanti collettivi del teatro politico, come i bolognesi Kepler-452 (14 maggio) piuttosto che i belgi Ontroerend Goed (15-16 maggio), l’apertura di LIFE ha lasciato all’eclettica brigata di spettatori-cittadini engagé accorsi così volentieri, il segno pieno di una nuova sfida, un festival dal profilo decisamente internazionale, innovativo e tutto da meditare, evento dopo evento.

Magari anche un po’ sbuffando, come capita a due-tre boomers che si sentono riportati quasi al clima da Settantette, magari un po’ distratti dai social sul cellulare come una dei numerosi ragazzi del Terzo Millennio che si ritrovano volentieri in queste occasioni. 

 Tanto le nostre K. ‘ogni giorno più cattive’ non si scoraggiano. Una volta faticosamente stesa la tela di un programma così ambizioso (2), c’è voluto un supplemento di cattiveria in più anche solo per affrontare la sfida con il distratto e sparuto pubblico teatrale culturale milanese in giorni così insolitamente ricchi di offerte attrattive per gli appassionati.

Per dire solo dei due casi più eclatanti, questa stessa settimana a Milano l’immenso Eugenio Barba ha ribaltato letteralmente la platea del Teatro Menotti per ‘Le Nuvole di Amleto’ e il magistrale Christoph Marthaler ha impartito la sua ironica lezione ‘borghese-antiborghese’ al Piccolo Teatro.  

 E ora, dunque, forza con LIFE: questa è la malvagità che tutti dovremmo premiare, le occasioni non mancano, come da programma.

Rabin Mroué al festival LIFE anche con 'Sand in the eyes', sulla manipolazione nella propaganda di guerra in Medioriente (foto di Joachim Dette)

NOTA (1) ARTE E PERFOMATIVO A VENEZIA 2026

'Con un intervento performativo nel padiglione olandese affidato alla curatrice Rieke Vos, Dries risponde all'attuale stato di incertezza nei Paesi Bassi e in Europa. Il Padiglione Rietveld, costruito negli ottimisti anni del dopoguerra, non solo servirà come sede per la presentazione, ma diventerà anche parte dell'intervento stesso. Anche il Belgio (con Miet Warlop) e l'Austria (con Florentina Holzinger) invitano artisti della performance a questa prossima edizione. Commenta Dries: 'La tensione geopolitica che stiamo vivendo ora è, a dir poco, cupa; è passato molto tempo da quando il nostro futuro si è sentito così incerto. Voglio rendere tangibile questo disordine all'interno dello 'spazio sicuro' della Biennale. Che io riesca a farlo in prossimità di artisti come Miet e Florentina è un dono incredibile'.

(da Dutch Entry for the Venice Biennale sul sito ufficiale driesverhoeven.com)

'Odissea Minore - Per un'educazione alla frontiera' di Fieno/Di Chio chiuderà la seconda settimana di LIFE alla Fabbrica del Vapore (foto di Ilaria Costanzo)

NOTA (2) DALLA PRESENTAZIONE DI 'LIFE'

Diverse sono le linee che si intravvedono nel programma, come un intreccio di fili e pensieri dove si sceglie di non dare risalto a una sola traccia quanto piuttosto dare seguito a una composizione di sguardi e interessi, ognuno a suo modo necessario.

Il rapporto tra realtà e finzione e tra verità e menzogna è il principale fil rouge di tutto il festival. Una linea che appare più evidente in alcuni spettacoli e che resta invece una traccia meno esplicita in altri.

La performance Who’s Afraid of Representation? di Rabih Mroué e Lina Majdalanie è dedicata proprio al rapporto tra rappresentazione artistica e realtà e mette a confronto la rappresentazione della violenza nelle performance estreme della body art con la brutale situazione nei reali contesti di crisi e conflitto, così come nella conferenza non accademica Sand in the Eyes Mroué indaga la manipolazione della percezione della violenza tanto nei video di propaganda dell’Isis quanto nelle comunicazioni ufficiali.

Torna Agrupación Señor Serrano con The Mountain – già presentato nel 2021 con tutte le difficoltà del momento – che esplora il concetto di verità nell’era dell’informazione frammentata. Attraverso una combinazione di elementi scenici e narrativi, lo spettacolo mescola riferimenti storici e contemporanei, creando connessioni inaspettate e invitando il pubblico a riflettere sulla natura della realtà e sulla sua rappresentazione.

Boris Nikitin sempre in bilico tra teatro di finzione e performance, tra documentario e propaganda, in Magda Toffler or an Essay on Silence utilizza la storia della propria famiglia per portare alla luce un pezzo nascosto della storia europea. In questa performance l’artista scava nelle memorie dimenticate del XX secolo ed evoca il silenzio dei secoli, intersecando storia personale e collettiva, riflessione ed emozione.

Centroamérica dei Lagartijas Tiradas al sol è uno sguardo su una realtà vicina e paradossalmente sconosciuta quale l’America Centrale. Trait d’union tra due linee: quella di cui sopra, dove esercitano un’azione politica mescolando realtà e finzione e quella seguente che parla di confini e spostamenti di popolazione. È dall’incontro con una donna costretta a lasciare il Nicaragua che i Lagartijas si concentrano sulle migliaia di persone sradicate dalla propria terra.

Lo sguardo su migrazioni, esili, confini emerge da Odissea minore di Nicola Di Chio, Mariam Selima Fieno e Christian Elia, un progetto che fonde teatro, giornalismo e cinema per raccontare la violenza dei confini e il futuro di una generazione in cammino lungo la rotta balcanica.

Anche l’esperienza collettiva di Ant Hampton con Borderline Visible diventa un viaggio partecipato attraverso le pagine di un libro che intreccia fotografie e audio: storia, autobiografia, letteratura e un’indagine urgente sulle atrocità nascoste perpetuate ai margini dell’Europa.

La performance per uno spettatore alla volta di Basel Zaraa condivide l’esperienza – in questo caso palestinese – di sfollamento e resistenza attraverso la storia di una famiglia, esplorando come la guerra e l’esilio vengono vissuti attraverso la quotidianità, lo spazio domestico e pubblico.

Esplicito riferimento al tema della migrazione è La Zona Blu dei Kepler-452. Una lettura di appunti, scritti durante i giorni a bordo della Sea-Watch 5 nel luglio 2024, accompagnata da immagini documentarie originali, che parla di cosa succede quando ci si incontra ai confini dell’Europa con persone molto diverse, dello smarrimento che ci coglie quando guardiamo il nostro continente dai suoi confini.

Con “foresti” e stranieri, ispirandosi al testo di Koltès, si confronta anche Babilonia Teatri in Foresto. Una commistione di linguaggi per esplorare il tema della complessità della diversità: una voce parlata, una segnata, la voce della musica live e la parola scritta. Un gioco di specchi in cui lingue e culture diverse si intrecciano e dialogano tra loro.

Il Mediterraneo e le rotte dei migranti sono al centro del lavoro di ricerca di Liminal (Italia) Asymmetric Visions, installazione multimediale che traccia l’azione di Frontex sul monitoraggio delle frontiere marittime attraverso l’analisi dei dati e delle immagini disponibili, facendo emergere un quadro lontano dalla narrazione politica.

Il lavoro di Liminal si inserisce anche in una terza linea che è quella dello sguardo documentario, giornalistico, d’inchiesta nella quale rientra la conferenza spettacolo Schwarz Rot Braun (nero rosso marrone) del giornalista tedesco Jean Peters dell’agenzia giornalistica tedesca CORRECTIV sugli stretti legami tra politici dell’AfD, neonazisti e imprenditori emersi alla fine del 2023. Quali sono stati i risultati effettivi dell'indagine? È stata una svolta per la democrazia o solo una breve protesta della classe media? In questa linea ovviamente rientra la collaborazione con il DIG Festival: tre i documentari presentati, rispettivamente sui legami in Siria tra il narcotraffico e la famiglia Assad, sul crollo economico-finanziario del Libano e sulle conseguenze dell’inquinamento atmosferico dell’estrazione del petrolio in Iraq.

Reas di Lola Arias per quanto sia un film rientra a maggior diritto nella linea realtà-finzione. Attraverso lo strumento del re-enactment la Arias reinterpreta il genere musicale e il documentario in modo audace e innovativo.

Dal ruolo cruciale del giornalismo investigativo nella società democratica portato avanti sia da CORRECTIV che dal DIG, il tema della democrazia si ritrova in due spettacoli: Fight Night uno degli spettacoli più popolari nel repertorio di Ontroerend Goed ripreso e ripensato per il presente e per un nuovo tour mondiale. Una lucida analisi di come funziona la democrazia, messa in scena come un gioco con cinque contendenti, dove apparentemente è il voto dello spettatore a decidere chi vince. Di democrazia e di processi di pace, in modo satirico e graffiante, si occupa anche Negotiating Peace di Jeton Neziraj. Dall’Irlanda del Nord al Medio Oriente, dagli accordi di Dayton a quelli di Oslo, dalle trattative ancora irrisolte tra Kosovo e Serbia fino alle imprevedibili conclusioni del conflitto russo-ucraino: cosa succede dietro le quinte di un negoziato? È possibile negoziare la pace?

Dalla democrazia all’economia, dal teatro al giornalismo, dal cinema alla performance, si arriva all’installazione Everything must go di Dries Verhoeven che esplora le contraddizioni morali del capitalismo: un’installazione riproduce meticolosamente la corsia di un supermercato, dove il furto è visto sia come crimine che come forma di resistenza, incarnando la tensione tra apparenza e realtà etica. E a The Parcel Project di Johannes Bellinkx, progetto artistico ed esperimento giornalistico. All’interno di un pacco postale si trova uno strumento digitale discreto, progettato per catturare dati audiovisivi dall'ambiente circostante. Gli spettatori, improvvisamente diventati pacco, sono teletrasportati in spazi normalmente inaccessibili all'uomo, attraversando l’intricata rete della nostra società consumistica.

Infine uno sguardo sull’Intelligenza Artificiale, lasciata in finale per il suo pervadere ormai ogni aspetto del nostro presente. Il coreografo Arkadi Zaides con The Cloud ci porta in un’indagine sulla nube tossica che il reattore di Chernobyl ha sparso nell’aria, e sui dati fluttuanti nella nuvola che alimenta l’intelligenza artificiale. Qual è la singolarità del corpo umano in questo improbabile ma inevitabile punto di convergenza tra le due nuvole?

Mentre Ruggero Franceschini con PENTOTHAL mette in gioco e in dialogo l’intelligenza artificiale con la controcultura degli anni Settanta, proponendo contenuti onirici e visionari, eppure incredibilmente attuali, a cui il pubblico è chiamato a contribuire, esplorando luci e ombre della controinformazione.

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