

Con l'aratro in teatro: FC Bergman, 'Works and Days, il contesto della sala, la produttività e quel maledetto capolavoro
01.06.2025
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Stando alle gerarchie tipografiche sul programma ufficiale di Biennale Teatro, il nome e il cognome di Willem Dafoe campeggiano sotto la qualifica di Direttore artistico in vistoso corpo 64, o giù di lì. Sono meno in grande, ma solo di poco, rispetto alle indicazioni del logo, del titolo e delle date (31 maggio-15 giugno).
E’ solo un dettaglio ma dice subito quanto l’insolito Cur-Attore ci abbia messo del suo, dalle rievocazioni del Teatro Settanta - lui stesso ha poi ha mosso i primi passi in quella scena alternativa a Manhattan - alle scelte personalissime, rivendicate come tali, degli invitati, in primis l’ex moglie Elizabeth LeComte, premiata con il Leone d’Oro.
A latere spicca poi la particolarità del legame che Dafoe ha creato subito con Milo Rau, che arriverà di persona a Venezia giovedì 12 giugno come conferenziere, come co-autore e regista del nuovo spettacolo ‘Die Seherin’ o ‘The Seer’ di Ursina Lardi (che si aggiudica un più che meritato Leone d’Argento), e pure in qualche modo come direttore artistico, per esempio con Princess Bagura di NTGent.
Anche solo navigando sulle pagine online delle grandiose Wiener Festhwochen cui presiede oggi il prolifico regista svizzero tedesco si può notare che Dafoe con la sua prima Biennale Teatro ha colto anche l’occasione, oltre a celebrare le prime nozze americane con Elizabeth, di stringere un nuovo matrimonio professionale e d’immagine, questa volta nel cuore dell’Europa, con il Milo glorioso.
Da qualche settimana, se vi vanno a scorrere i nomi dei Consiglieri della Libera Repubblica di Vienna fondata da Rau per gestire il festival fino al 2028, il primo è proprio quello di Willem Dafoe. Fa parte ovviamente dei ‘membri onorari’, non degli 80 cittadini viennesi coinvolti nel board di un’iniziativa culturale e di spettacolo degna della storia della ‘Rotes Wien’.
L’altr’anno, per esempio, in prima fila nella Rivoluzione che il festival promuove come programma, Rau aveva accanto personaggi decisamente meno hollywoodiani e più artistico-teatrali, come la coreografa e regista austriaca Florentina Holzinger, molto conosciuta nel mondo tedesco per le sue provocatorie messe in scena al Volksbühne Berlin piuttosto che per una choccante ‘Sancta’ prodotta con Staatsoper Stuttgart.
Colpisce ovviamente anche il risvolto politico di questo nuovo sodalizio con Dafoe. Rau è pur sempre l’autore-regista con il profilo più militante d’Europa, fresco animatore anche di una serie iniziative che invocano la Nuova Resistenza contro l’avvento delle destre al potere.
Alle Festwochen viennesi in questi giorni, per esempio, oltre ai concerti e agli spettacoli di artisti internazionali impegnati del livello di Tiago Rodrigues e Mariano Pensotti, ci sono vari incontri, tra cui spicca quello sull’Amore rivoluzionario, con relatori un ex terrorista della RAF (le Brigate Rosse tedesche) e uno dei fondatori del Movimento 2 Giugno (come dire in Italia Prima Linea).
Bene, si dà il caso che la Biennale di Venezia sia un’istituzione in cui il governo sovranista più importante d’Europa comanda, eccome. E’ ben noto che sia stata la stessa Giorgia Meloni a scegliere il nuovo Presidente, Pietrangelo Buttafuoco, che è poi il responsabile diretto della nomina dei vari direttori di settore, a partire dal nostro Cur-Attore ‘neo-partigiano viennese’.
E’ dunque abbastanza sorprendente che Buttafuoco, quasi a dispetto persino del cognome incendiario e dell’estrazione anche familiare dalla destra-destra, per il teatro con Dafoe benedica la celebrazione di quelle avanguardie teatrali che furono poi molto politiche, incarnando la contestazione, piuttosto che un programma che prende il via con una pièce americana ultra-liberal e si chiude con il post-brechtiano Rau contro l’indifferenza nei confronti delle guerre.
E che, ad abundantiam, vede richiamati in campo come formatore addirittura Eugenio Barba di Odin Teatret, animatore di quel Terzo Teatro ‘terzo-e-quarto-mondista’, piuttosto che come curatore degli spettacoli dei giovani Antonio Latella, sperimentato rabdomante di talenti e regista sempre più engagé, fresco d’invettiva femminista con ‘Wonder woman’ e di riproposta della ‘Morte accidentale di un anarchico’ di Dario Fo. Per non dire persino della scelta dei professori e degli esperti di contorno per le lezioni, le interviste e i dibattiti…
Alla fine sarà un’impresa criticare questa ‘Willem-ale’ 2025, dai premi alle due Leonesse a gran parte del programma, senza passare per teppistelli ignoranti.