" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Giochiamo a decifrare Ontroerend Goed come parola chiave del festival LIFE (atto I): sentiamo più nostra questa proprietà

'Fight Night' 2025 (foto Daniel Snijder)

N.G.

Ci manca giusto un'Odissea minore

S'è già meritato una bella pagella l'atto primo di LIFE, il nuovo Theatre Arts Media Festival di Zona K che ha portato a Milano una sana ventata di impegno e di ricerca anche sul piano del linguaggio. Si chiuderà di fatto con 'Odissea minore - Per un'educazione alla frontiera' (18-19 maggio). E' un nuovo lavoro di Nicola Di Chio che racconta con Miriam Selida Fiano le peripezie dei più piccoli migranti che s'incontrano sulla rotta balcanica, ricostruite grazie al lavoro giornalistico di Christian Elia. Chi l'ha visto alle prime uscite, ha notato come alla fine Di Chio metta poi anche a tema il senso di questo stesso 'teatro documentario' (e sarà pure interessante confrontare la sua risposta con quella di Kepler-452 nel toccante finale di 'La zona blu'). In ogni caso appuntamento con altri 105 minuti non proprio facili, perfettamente in linea editoriale con un festival che sul tema delle migrazioni si è concentrato con lodevole attenzione.

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Quella magnifica dozzina di Gent

Per dare pane al pane e vino al vino, con la solita sincerità, era difficile sulla carta poter credere che il collettivo artistico belga Ontroerend Goed, tornando per la terza volta a Milano con una sorta di remake di uno dei primi spettacoli, 'Fight Night', creato nel 2013, potesse di nuovo stupire e incantare. E invece sono rimasti a bocca aperta anche i pochi fortunati che avevano visto le due altre costruzioni magiche, la fabbrica di denaro intitolata ‘£¥€$’ del 2017 (arrivato poi sempre in Zona K) e il saggio palindromo sull'ecologia 'Are we not drawn onward to new erA' del 2019 (montato sul palco di Triennale Teatro). Bisognerà riparlare con calma a parte, di 'Fight Night' e di questo particolarissimo teatro partecipato che lascia graffi d'impegno con geniale levità. Sono davvero strepitosi il direttore artistico Alexander Devrient e la sua dozzina di complici. Ancora clap,clap, clap...

8+

Anche il nome è un programma

Riapriamo un attimo la solita questione del significato del nome Ontroerend Goed. Questo marchio, pur già così conosciuto anche nel mondo del teatro di lingua inglese, di fatto non viene mai tradotto dall'olandese e ciò costituisce un primo elemento di singolarità. Sul sito del collettivo stesso viene indicato 'Feel Estate' come 'traduzione inglese approssimativa'. Si legge invece che Ontroerend Goed è un gioco di parole che vuol dire all'incirca 'Touching Estate' nella presentazione ufficiale del teatro NtGent, dove sono entrati come compagnia associata. Sia quel che sia in questo logo si può leggere perfettamente quel che dovrebbero essere il teatro e le espressioni artistiche, come si è ben visto finalmente in questo festival LIFE: beni che ci toccano e si lasciano toccare da vicino, che il pubblico prima di tutto sente come propri e disponibili.

N.G.

E tra due anni che succederà?!?

I meno giovani a LIFE potevano notare anche un curioso asse portante 'settantasettino' che in qualche modo pervadeva la prima installazione artistica di Dries Verhoeven piuttosto che reggeva molto esplicitamente l'esperimento delle 'prove di trasmissione' di 'PENTOTHAL', una sorta di radio libera intitolata al personaggio di carta inventato come alter-ego da Andrea Pazienza nel 1977. Creata ad hoc da Ruggero Franceschini ha trasmesso musica e parole per due sere intorno alle 21.30. Pur attingendo a piene mani alla mitologia culturale della Seconda Rivolta di quasi 50 anni fa, in primis al filosofo-leader Bifo, ha raccolto soprattutto un pubblico di giovani, grazie anche ai collaboratori e maschere di LIFE stesso. No, non nuovi 'indiani metropolitani' ma normalissimi ragazze e ragazzi d'aspetto per così dire tranquillamente borghese.

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La nostra 'bell'Europa' di Frontex

Nella specifica vocazione di questo festival si fa notare anche la cura di accompagnare gli spettacoli veri e propri con approfondimenti non consueti, aldilà dei più prevedibili e un po' accademici incontri con i vari protagonisti. E' stato il caso pregevolissimo, per esempio, dell'installazione 'Asymmetric Visions' di Liminal con Border Forensics, un'opera multimediale di una decina di minuti che faceva entrare lo spettatore direttamente nel mondo della sorveglianza elettronica delle rotte dei migranti nel Mediterraneo, ricostruendo il lavoro di uno dei droni più sofisticati di 'Frontex', istituzione tra le più inquietanti di questa nostra bell'Unione Europea in pieno declino di civiltà.

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