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09.10.2024
Il cavallo di Gino Cervi, il saldatore di Oslo, un Edipo comunista a Varsavia e altre di gioventù: Barba-pedia (1)
‘Dopo aver realizzato 79 spettacoli sembra superfluo farne ancora uno’. Con la consueta disarmante umiltà Eugenio Barba presenta il suo nuovo spettacolo ’Tebe al tempo della febbre gialla’, nuovo e soprattutto ultimo, nel senso definitivo, finale, di addio: ‘Bisogna smettere prima di aver detto tutto. Ma non avevo niente da dire. Il teatro è stato per me un rifugio, una isola galleggiante, una Galapagos di libertà’.
Barba nei prossimi giorni arriverà a Parigi per l’ultima tournée: ’Thèbes au temps de la fièvre jaune’ sarà in scena al Théâtre du Soleil di Ariane Mnouchkine dall’8 al 19 novembre e con la sua storica compagnia dell’Odin Teatret - in primis Julia Varley, che lo affiancherà nella nuova attività di animazione culturale sotto le insegne di Fondazione Barba-Varley - sarà impegnato nella capitale francese anche per seminari, working class e altre iniziative culturali. Tra le altre, spicca senz’altro la giornata che la prestigiosa istituzione universitaria MSH-Maison des Scienses de l’Homme Paris Nord ha voluto dedicare, il 10 novembre, con dibattiti e proiezioni, a questo straordinario protagonista della vita culturale internazionale da ormai cinquant’anni. Nel nostro piccolo, per rendere in qualche modo omaggio al Grande Eugenio, abbiamo deciso di mettere insieme un po’ di note per una possibile Barba-pedia, in attesa di partecipare all’ultimo spettacolo e di liberare la nostra più autentica commozione quando vedremo Barba entrare di persona sul palcoscenico ormai buio, con un lumino di candela in mano, per posare un bacio sulla fronte della ‘sua’ Iben Nagel Rasmussen, prima che tutti gli artisti odiniani escano per sempre, senza tornare nemmeno in quest’ultima occasione per raccogliere gli applausi degli spettatori nel rito dei ringraziamenti.
Nelle foto di Rina Skeel, scene dell’ultima ’Tebe’ di Barba, in alto sui teli sono riprodotti alcuni quadri di autori ‘post-febbre gialla’ da Klimt a Van Gogh, da Klee a Munch e altri ancora. A seguire, prove con Roberta Carreri
Piccole note di una possibile Barba-pedia (1)
Salentino di famiglia, nato a Brindisi nel ’36, rimasto orfano di padre a 11 anni, Barba viene mandato adolescente alla scuola militare della Nunziatella: nei tre anni di collegio in divisa collezionerà 122 giorni di guardina, punizioni per l’indisciplina che gli gioveranno la passione per la lettura, inaugurata con un romanzo di Pirandello, e alla lunga l’attitudine ad applicare un rigore notevole nella vita teatrale e nella gestione dell’Odin (fonte: Franco Perrelli ‘Gli spettacoli di Odino’, edizioni di Pagina, 2005).
Il primo spettacolo teatrale che Barba ricorda di avere visto, a 15 anni, è un ‘Cyrano di Bergerac’ con Gino Cervi ma nè gli attori nè la vicenda raccontata da Rostand lo impressionarono particolarmente: l’unico momento che suscitò il suo stupore fu l’ingresso sul palco di un vero cavallo, secondo le norme del realismo scenico. E dire che quasi sicuramente si trattava del Cyrano per cui fu scomodato da Parigi il regista Raymond Roleau, personaggio di primo piano cresciuto alla scuola di Artaud e Dublin, e nella compagnia di Gino Cervi, oltre al popolarissimo mattatore, c’erano comprimari come Edda Albertini, Tino Buazzelli, Alberto Lupo…
Barba ha scoperto il mondo scandinavo con un viaggio in autostop: la prima volta si è fermato in Svezia, e ha lavorato come minatore a Kiruna, fino a che non fu espulso perché aveva solo un visto turistico. Tornato a Oslo nel 1954, ha fatto il saldatore e frequentato la biblioteca universitaria, fino a imbarcarsi, nel 1956, come mozzo di macchina su un mercantile diretto verso l’India, toccando Cina e Giappone; fece rientro a Oslo un anno dopo lavorando su una petroliera che passò dal Medio Oriente, le Indie Orientali e gli Stati Uniti.
Rientrato a Oslo a lavorare di nuovo come saldatore, nonostante la laurea in lingue (norvegese e francese) e in storia delle religioni, decide di fare teatro ‘per risolvere i dilemmi esistenziali di un meridionale in Norvegia’, che vorrebbe essere accettato ma anche rimanere se stesso: ‘scegliendo un lavoro che viene considerato per definizione originale ed estroso, potevo continuare a rimanere me stesso e a comportarmi come volevo’.
Suggestionato dal cinema di Andrej Wajda e dalla relativa liberalità con le arti del regime comunista di Gomulka, Barba nel ’61 ottiene una borsa di studio alla Repubblica Popolare della Polonia per studiare da regista. Quasi per caso incrocia, in un teatrino di provincia, a Opole, quel Jerzy Grotowski di cui diventerà assistente e poi stretto collaboratore, vivendo davvero in prima persona ‘il teatro povero’, in una modestissima camera ammobiliata, e rimediando quattro soldi con lavoretti saltuari.
‘Un mito ha accompagnato la mia vita in teatro sin dai primi passi. È la saga di una famiglia greca, quella di Edipo e della sua città, Tebe. Presentai ‘Oedipus tyrannus’ di Sofocle come progetto di regia alla scuola teatrale di Varsavia nel 1961. Era al tempo del regime comunista in Polonia e la mia interpretazione rivoluzionaria fece sorridere la commissione. Nella scena finale il popolo di Tebe scalava un’immensa piramide sulla cui cima si era rifugiato Creonte e lo cacciava dal potere’. (Eugenio Barba, dai materiali per ‘Tebe al tempo della febbre gialla’).