" /> Lassù tra le montagne si balla all'insegna della natura: Bolzano Danza fa 40 con un programma festoso e superlativo

Parliamo tutti del tempo, anche noi, accidenti a Caronte: a proposito di una mostra e del mutismo dell'arte

Da sinistra, 'Moody (Variations)' di Nina Canell; dietro il passaggio s'intravede la teca di Jason Dodge su Medardo Rosso; a destra 'Santa Aña Winds' di Chantal Peñalosa (foto Marco Cappelletti)

 Le cronache hanno segnalato che numerosi turisti, il 15 luglio, festa del Redentore, si sono buttati nelle acque torbide della laguna di Venezia, per difendersi dal caldo record. Un modo più cult di affrontare l’anticiclone denominato Caronte, dalle reminiscenze dantesche di qualche meteorologo (‘Caron dimonio, con occhi di bragia’…’che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote’), era visitare la mostra ‘Everybody talks about the weather’ (ovvero tutti parlano del tempo).

 Un’esposizione davvero notevole, anche solo per ambizione, in corso nella sede veneziana della Fondazione Prada, aperta gratuitamente al pubblico in occasione di alcune festività o eventi, altrimenti il biglietto intero costa 12 euro.

 E’ una piccola grande mostra, che in fondo occupa soltanto una porzione del piano terra del palazzo di Ca’ Corner sul Canal Grande e quasi tutto il primo piano cosiddetto nobile, presentando una cinquantina di opere contemporanee in tutto, più una trentina di altre in forma di citazione, ma offre al visitatore una straordinaria occasione di approfondimento e riflessione, anche grazie a una ventina di pannelli a tema con info-grafiche dettagliatissime.

 Per non dire delle due vere e proprie biblioteche, allestite una per piano, che mettono a disposizione del pubblico i numerosi libri consultati dal curatore e dai suoi collaboratori (1).

 Nota (1) Per esempio, un appassionato di montagna e di natura coglie al volo l’occasione di riscoprire Arne Naess, ‘il fondatore dell’ecologia profonda’, e di poter leggere i suoi saggi in italiano grazie all’ottimo lavoro della Piano B edizioni. Fine della nota. 

 All’ingresso, dopo un grande schermo in cui scorrono vari multipli del bla-bla televisivo e online sul tempo, il visitatore si confronta subito con la fonte d’ispirazione del curioso titolo, un poster militante dei giovani studenti socialisti, diffuso ai primi del 1968, ancora con le sagome di Marx, Engels e Lenin bene in primo piano, e la dichiarazione d’intenti: ‘Tutti parlano del tempo. Noi no’. Come dire, vogliamo occuparci di problemi economici e sociali che consideriamo ben più importanti.

 Di fronte, a odierno contrappunto, un’opera manifesto di Anne-Christine Klarmann con tre tra le più famose ecologiste e attiviste di oggi, tra cui ovviamente Greta Thunberg, e lo slogan: ’Tutti parlano del tempo. Anche noi’.

 Sempre all’ingresso, senza tanti giri, nemmeno di parole, ‘Climate colpable’ è la prima installazione da vedere nel cortiletto: sono 6 delle 24 bandiere della serie firmata dall’artista attivista Paolo Cirio, che mette sul banco degli imputati la schiera delle più importanti, eppure poco conosciute, multinazionali che producono combustibili fossili, responsabili del 50 per cento dell’inquinamento.

 ‘Everybody talks about the weather’ propone poi, soprattutto al piano nobile, numerose opere di grande valore e varietà, senza rinunciare qua e là a quel tono provocatorio e diretto in cui ci s’imbatte subito all’ingresso.

Una teca quadrata, delle dimensioni adatte a contenere una testa scolpita, protegge invece solo uno spruzzo di cera con sopra un pugno di api morte (‘reperite eticamente’ - specifica subito la didascalia), ed è intitolata ‘Medardo Rosso: Bambino Ebreo 1892-1893 wax over plaster’.  

 E’ il primo di un pugno di affascinanti lavori concettuali che rilanciano in questa mostra la figura di Jason Dodge, classe ’69, americano-danese di stanza a Berlino (2): oltre all’apocalisse degli insetti qui si è dedicato al tema della notte nella serie ‘Above the Weather’, lavori di tessuto prodotti grazie ad artigiani di tutto il mondo invitati a ‘tessere un filo del colore della notte e della lunghezza pari all’altezza dalla terra al di sopra del tempo’.

 Nota 2 Di Dodge in Italia fino al 27 luglio si può vedere una ricca personale alla galleria Franco Noero di Torino, dove sono in mostra altre teche di citazione/provocazione, dedicate non solo a Medardo Rosso ma anche a Paul Gaugin. Fine della nota.

 Proprio l’evocazione di Medardo Rosso, di cui nella vicina Ca’ Pesaro è custodito il capolavoro misterioso 'Madame X', quasi un precedente del grado zero nella scultura, suggerisce platealmente il tema laterale, e in qualche modo però intrinseco, di questa mostra e del ruolo della Fondazione Prada nella ridefinizione del rapporto pubblico/privato sulla cultura. 

 Ca’ Corner si trova appunto a pochi passi dal museo pubblico di Ca’ Pesaro, che una nobildonna illuminata, Felicita Bevilacqua La Masa, volle lasciare alla città di Venezia, ormai più di cent’anni fa, per ospitare la Galleria internazionale dell’arte contemporanea con le mostre e le opere degli artisti più innovativi, i cosiddetti ‘ribelli’, che non trovavano spazio nelle scelte istituzionali della Biennale d’Arte.

 Anche donna Maria ‘Miuccia’ Prada Bianchi in Bertelli, con il programma di mostre temporanee tra l’estate e l’autunno inoltrato, particolarmente con il taglio scientifico e in qualche modo neo/post-positivista che s’è andato profilando in Ca’ Corner dal 2011 fino alle ultime esposizioni degli anni Venti, sembra voler intonare una sorta di contro-canto alle Biennali e alle grandi esposizioni pubbliche. 

 Nel caso di ‘Everybody talks about the weather’ è il curatore stesso, Dieter Roelstraete, a dichiarare l’intento evidente di un impianto espositivo ricco e articolato, per voler riempire il vuoto del ‘mutismo dell’arte’ sulla crisi climatica.

In effetti qualunque visitatore che non passi un giorno intero a studiare stanza dopo stanza, uscirà con la sensazione di una mostra che avrebbe richiesto molto più tempo e dedizione, nonché buona volontà.

 Del resto, si può leggere in controluce la nota 5 della presentazione, quando Roelstraete dichiara: ‘La concezione di questo testo ha preso forma in gran parte nell’estate del 2022, dopo l’apertura della LIX edizione della Biennale di Venezia e della XV edizione di documenta, le più importanti rassegne internazionali di arti visive. Nonostante le credenziali attiviste e terzomondiste di Kassel e l’importante prospettiva eco-femminista di Venezia, in entrambe le rassegne le opere che trattavano direttamente gli effetti catastrofici del cambiamento climatico si potevano contare sulle dita di una mano’.

 Il sotto-inteso inevitabile, come una nota 5 che scatta in automatico anche nella testa del visitatore, è che questa mostra colma un vuoto enorme e appunto richiederebbe una sede adeguata, grandiosa, proprio come i Giardini della Biennale e l’Arsenale di Venezia o gli spazi di un’intera città genere Kassel.

 In un’altra successiva nota della presentazione, Dieter Roelstraete indirettamente evoca il principale segno di contraddizione che il visitatore avvertito coglie subito anche a proposito di questa mostra. 

 ‘Può darsi che uno dei motivi per cui il mondo dell’arte contemporanea si sente inadeguato ad affrontare il tema del cambiamento climatico sia l’imbarazzo di essere parte integrante – una parte particolarmente dispendiosa – dell’industria globale dell’intrattenimento e/o del lusso’, scrive il bravissimo curatore, che si è formato nella città universitaria delle Fiandre Gand, ben nota agli amati del teatro. 

 ‘Se la riluttanza del mondo dell’arte a prendere una posizione più attiva nel dibattito sul clima è veramente dovuta a questo senso di imbarazzo o di colpa, questo pudore rivelerebbe quanto meno un grado di autocoscienza che sembra assente nell’entusiasmo con cui molti settori dell’arte contemporanea si impegnano a formulare critiche sommarie al consumismo capitalista. In molti casi, il mondo dell’arte ha storicamente partecipato ai problemi che si è sentito chiamato a denunciare per contribuire a risolverli’.

Nella foto di Marco Cappelletti, le bandiere della serie 'Climate colpable' di Paolo Cirio

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