

L'incidente della Veggente, le auto-profezie di Rau, la freschezza dei ragazzi, i gol dei tedeschi.../ Cronache veneziane
14.06.2025
" />
Alla fine c’è stata persino la proclamazione di un preciso spaccato rappresentativo del pubblico presente (donne d’età media 35 anni, con reddito medio-basso e un atteggiamento tanto politicamente corretto) come vincitore di questa ‘Fight Night’. Un gioco, nient’altro che un giochetto a eliminazione, tra attori e spettatori: eppure anche meglio di qualunque pamphlet sulla crisi della democrazia nel post-capitalismo e sulla dittatura del marketing, ma il tema non è nemmeno mai dichiarato o così evidente.
Una ‘Fight Night’ poi, nel caso, davvero per modo di dire. Ché s’è combattuta persino in una splendida tarda serata di quasi estate, giovedì 15 maggio a Milano, con l’orizzonte che si apriva insolitamente bene allo sguardo nello spazio davanti alla Fabbrica del Vapore.
Se fosse stato davvero già buio fitto, il remake 2025 di uno dei gioielli del collettivo belga Ontroerend Goed - originariamente creato più di dieci anni fa - sarebbe brillato come un tracciante nella notte del teatro.
L’hanno visto un’ottantina di spettatori appena, la prima sera, perlopiù giovani rispetto al pubblico medio milanese. E la solita bella dozzina di addetti ai lavori presenti s’è resa subito conto dell’abbaglio: aver rinunciato alle sirene di tante proposte tradizionali che erano in scena nelle ricche sale borghesi, per ritrovarsi dentro una delle magiche costruzioni dei ragazzi di Gent guidati da Alexander Devriendt, è come prendere una strada senza ritorno.
Dopo una ‘Fight Night’ del genere, esattamente come accadde ai fortunati che hanno colto l’occasione delle due precedenti sortite milanesi di Ontroerend Goed - in Zona K con ‘£¥€$ (Lies)’ nel 2019 e in Triennale Teatro con ‘Are we not drawn onward to new erA’ nel 2021 -, non ci si può che ritrovare annoiati e pure quasi arrabbiati di fronte alle solite rappresentazioni teatrali da cartellone istituzionale italiano, anche degli autori considerati di tendenza, persino dei registi cult e/o con gli attori da premio.
‘Quid de nocte?’, si sarà ripetuto la domanda del profeta Isaia alla propria ‘sentinella’ interiore questo o quel blasonato professore o critico presente: quando finirà questa notte di un nostro teatro ormai così autorefenziale e relazionale da aver dimenticato proprio quel che deve essere, annacquando il patto con il pubblico - quando va bene - in operazioni di marketing, se non proprio dimenticandolo del tutto?
Si torna a casa anche con questo interrogativo da un nuovo festival come LIFE di Zona K, che pure ha puntato decisamente sulla scelta politica e sul racconto di realtà al presente, con tanto di una certa disinvoltura di rimescolamento dei linguaggi dello spettacolo con quelli del giornalismo piuttosto che delle arti performative.
Dopo questo meraviglioso gioco di teatro partecipato, così lieve da celare con il sorriso la lezione morale profonda, anche la questione decisiva del rapporto con il pubblico ha ripreso il centro. Del resto, è così nell’impianto stesso, democratico-sociologico, di ‘Fight Night’.
E a questo si richiama - come s’è detto, ma vale la pena di ripetere - lo stesso singolare logo Ontroerend Goed, che viene tradotto con l’inglese Feel Estate, ovvero proprietà, beni che ci toccano e si lasciano toccare da vicino, che - come deve essere il teatro - il pubblico prima di tutto sente come propri e disponibili.
E’ interessante a questo proposito rileggersi l’intervento che Alexander Devriendt ha pubblicato sulla prestigiosa testata ‘The Stage’, nemmeno due anni fa, quando la rivista-bibbia del teatro inglese s’è interrogata su alcuni singolari episodi d’intolleranza manifesta degli spettatori (dopo la pausa dei lockdown da Covid, un po’ in tutta Europa s’è notato un diverso comportamento delle platee).
Il titolo di questo contributo scritto pressapoco recitava: ‘Quando penso di essere uno del pubblico, ecco cosa mi chiedo da regista’. E la risposta entrava direttamente nel merito della poetica stessa del collettivo teatrale.
Ecco la traduzione. (Da ‘The Stage’, 3 luglio 2023).
‘In Ontroerend Goed facciamo leva sulle possibilità di interruzione e partecipazione del pubblico come parte integrante del nostro lavoro. In ‘The Smile Off Your Face’ abbiamo bendato gli spettatori e li abbiamo legati alle sedie a rotelle; ‘Fight Night’ chiede al pubblico di votare gli attori da estromettere dal palco.
Creiamo un teatro immersivo che invita il pubblico a diventare una parte incontrollabile dello spettacolo: spettatori come elettori, che vagano in un labirinto di specchi e avatar per incontrarsi, come se fosse ‘teatro uno contro uno’. In ‘£¥€$ (Lies)’ il pubblico aveva il controllo del sistema finanziario in un allestimento simile a un casinò. ‘Are we not drawn onward to new erA’ è, fin dal titolo, un palindromo per far dubitare il pubblico che le nostre azioni e i nostri comportamenti relativi all’ambiente siano reversibili.
Giocare con la forma è sempre stato al centro del lavoro di Ontroerend Goed. Rimodellando il teatro, diventa possibile l'idea di rimodellare la società, mettendo in discussione i sistemi che ci governano. Ma al centro di tutto questo c'è il pubblico. Senza gli spettatori, non succede nulla.
Quindi io, come membro del pubblico, quello che mi chiedo come regista è: attirami. Dai al tuo spettacolo un titolo che mi attiri. Devi farmi sentire entusiasta di venire. Prometti che sperimenterò qualcosa di utile. E se rompi quella promessa, dimostrami almeno che ci hai messo il cuore.
Controlla che il luogo dello spettacolo mi faccia sentire il benvenuto e qualcuno si prenda cura di me.
Se c'è qualcosa che devo davvero sapere prima di entrare nello show, soprattutto dal punto di vista medico, avvisami. Ma per favore non rovinare l'intero spettacolo, non dare per scontato come mi sentirò.
E sii consapevole che ad ogni avvertimento le mie aspettative cresceranno.
Se non mi metti nei posti a sedere in fondo, assicurati di avere un'ottima ragione.
Non trattarmi come un cliente, trattami come un visitatore.
Prometto che mi comporterò bene. Ho bisogno di sentirmi a casa in sala, ma non necessariamente nel tuo spettacolo. A meno che tu non voglia che lo faccia, ovviamente.
Ma soprattutto: sfidami. Provocami. Fammi mettere in discussione ciò in cui credo. Non predicare se sono già convertito.
Devi farmi sentire al sicuro, anche se non sei obbligato a farmi sentire a mio agio. Se compro un biglietto per le montagne russe, va bene se mi sento come se stessi cadendo. Devi solo accettare che potrei vomitare. Soprattutto se pensavo che sarebbe stata una girotta, una semplice banderuola da vento.
E per quanto riguarda l'interazione con il pubblico: se è una parte cruciale del tuo spettacolo, per favore invitami a partecipare. Non offenderti se non voglio.
Fai in modo che io sia lì, che io sia presente, che io e gli altri spettatori sperimentiamo qualcosa insieme a te. Se ci riesci, sappi che non c’è niente di simile: il teatro può ottenere ciò che nessun altro mezzo può’.
Alexander Devriendt